I due presidenti a muso duro. Il treno Berlusconi non frena al Colle, Napolitano non dà il via libera

Pubblicato il 11 Febbraio 2011 - 19:14 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – I due presidenti a muso duro: il “treno” Berlusconi non ferma al Colle ma il capo dello Stato non dà via libera. E’ andata così nella sostanza, anche se la forma ufficiale delle comunicazioni sull’incontro al Quirinale sono redatte nella lingua morbida e reticente della diplomazia istituzionale. Prima che il presidente del Consiglio “salisse” al Colle il presidente della Repubblica aveva intenzionalmente scelto di ripetere parola per parola quanto aveva detto, inascoltato, appena pochi giorni fa. E cioè che non vuole “scontri istituzionali” e che “il giusto processo con ogni garanzia c’è già, scritto nella Costituzione”. Lo aveva detto a lui, proprio a lui, prima che Berlusconi scendesse dalla macchina e varcasse la porta. A lui, precisamente a lui e non certo in generale e in astratto. Parole indirizzate a Berlusconi che parla di “magistratura eversiva”, di “golpe morale”. A lui e al suo governo che immagina ricorsi alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo. E ridirglielo in faccia, prima ancora del faccia a faccia, ridirlo davanti a tutto il paese e non in un colloquio privato è scelta e segno di un dissenso che il Quirinale ha voluto fosse pubblico e manifesto.

Berlusconi non ha certo gradito e, giunto a colloquio, ha prima cercato di aggirare lo sbarramento preventivo, di ignorare almeno formalmente il pubblico rimprovero ricevuto. Poi la pazienza istituzionale del premier si è presto esaurita e Berlusconi ha invitato Napolitano a non mettersi di traverso. Perché lui procederà appunto come un treno e non intende frenare. Non sulle nuove leggi riguardanti la giustizia e la politica: reintroduzione dell’immunità per i parlamentari, esaurimento dei processi per mancata “brevità”, limiti all’uso delle intercettazioni nelle indagini. Su tutto questo il capo dello Stato non ha potuto che ricordare che è nel diritto del governo procedere. Nei limiti della Costituzione e nelle forme che la Costituzione prevede. Su tutto questo Napolitano, quali che siano i suoi giudizi sui singoli provvedimenti, non sarà contro parte del governo nè intende esserlo. Però il capo dello Stato ha spiegato a Berlusconi di non apprezzare lo “scuotimento” quotidiano cui il presidente del Consiglio sottopone le istituzioni. E qui il colloquio si è arenato perchè i due presidenti non parlano lo stesso linguaggio istituzionale.

Berlusconi ha detto di avere la maggioranza in Parlamento e quindi di essere legittimato a procedere. Napolitano ha preso atto. Importuno ma non casuale nel colloquio è apparsa una citazione della richiesta di elezioni anticipate che arriva dalle opposizioni: Casini e non solo Di Pietro. Berlusconi non si è allarmato ma Gianni Letta sì. I due si sono lasciati con reciproche raccomandazioni ma senza reciproche assicurazioni.

Qualche ora prima, nella disattenzione più o meno generale, il ministro Giulio Tremonti aveva fatto sapere che all’Italia sta bene il piano franco-tedesco di stabilizzazione finanziaria dell’Unione Europea. Piano a firma Merkel e Sarkozy che prevede tra l’altro due condizioni di stabilità che l’Italia già possiede: niente scala mobile tra inflazione e salari e allungamento dell’età pensionabile. Ma anche una terza condizione che l’Italia non ha e che muterebbe, se fosse introdotta, i connotati della vita politica e sociale italiane: il fissare in Costituzione un limite all’indebitamento pubblico. Chissà se Berlusconi, in altre faccende e cambiamenti della Costituzione indaffarato, ha avuto modo per valutare di cosa si tratta, di cosa l’Europa deciderà per tutti gli europei nel marzo che viene. Come Berlusconi, l’intera politica italiana e l’intera pubblica opinione stenta a prendere atto che sarà un marzo dei soldi e non solo dei processi celebrati o evitati. Forse la risposta alla domanda se Berlusconi la vince o la spacca è invece proprio lì, nel marzo dei soldi e non dei processi.