Presidenti, onorevoli, diteci in un minuto…E’ la Gran Bretagna, in Italia invece…

Pubblicato il 15 Aprile 2010 - 18:17 OLTRE 6 MESI FA

Presidente Berlusconi, ci vuol spiegare perché lei dice di non aver alcun potere? Il presidente parte: «La nostra Costituzione, frutto di un periodo storico passato, ha creato istituzioni che sono diventate politiche, la Corte Costituzionale fatta dai presidenti della Repubblica di sinistra e i magistrati che mi hanno impedito di raccontare agli italiani tutte le buone cose che abbiamo fatto, l’immondizia a Napoli, le case a L’Aquila…». Presidente mi spiace, tempo scaduto, il suo minuto a disposizione è finito. Onorevole Bersani, le sue misure per l’economia? «La crisi parte da lontano e picchia su un sistema industriale….». Onorevole Di Pietro, in un minuto… «In un minuto. Ecco l’elenco delle quattordici leggi ad personam in cui si è personificato il regime…». L’unico a cavarsela forse sarebbe Bossi che in un minuto direbbe: «Federalismo e Padania libera». Un minuto per rispondere in tv alle domande dei giornalisti in campagna elettorale: sono scene che in Italia non vedremo mai, infatti sono scene inglesi.

Lì un duello in tv in un minuto. Il conduttore non potrà criticare o commentare le parole dei leader costretti a stare per tutto il tempo in piedi accanto a uno scranno. L’80% del pubblico (200 gli spettatori ammessi) sarà composto da elettori con intenzioni dichiarate. L’ordine degli interventi sarà stabilito tramite sorteggio. Bandite le interruzioni dell’avversario. Vietati gli applausi in platea.

Queste e molte altre le regole rigidissime della sfida all’ultima parola che attende, questa sera,  David Cameron, Gordon Brown e Nick Clegg a tre settimane dal voto in Gran Bretagna.  Una vera arena in cui il tempo sarà il limite sovrano: ognuno avrà diritto a un solo minuto di introduzione sul tema e un altro minuto per rispondere alle domande, compresi eventuali commenti. Un minuto e mezzo in più per il congedo. Sessanta secondi, quindi, per dare la risposta chiave e convincere gli oltre 12 milioni di elettori inglesi ancora indecisi.

Ma si sa gli anglosassoni, in fatto di slogan sono maestri. Non a caso il padre della vecchio motto “il mezzo è il messaggio” era un tale di nome Marshall McLuhan che aveva studiato lingua e letteratura inglese all’Università di Cambridge, fiore all’occhiello del Regno Unito.

Ora facciamo un gioco. Immaginiamo per un attimo che questa sera il duello non sia tra veterani delle frasi corte, semplici e chiare. Ma tra gente il cui pensiero e le cui idee non sono altrettanto concise, sintetiche e decifrabili. Il pensiero alla fitta schiera di leader politici nostrani viene quasi naturale. Cosa farebbero Berlusconi, Bersani, Vendola o Di Pietro se costretti al confronto serrato? Davanti alla necessità d’accuratezza, chiarezza e trasparenza dei concetti da esporre, un ghigno sorge altrettanto spontaneo e a stento riusciamo a trattenerlo…

Potrebbe il Silvio-nazionale spiegare in un minuto tutto quello che passa nella sua materia grigia? Come riuscire a frenare la sua irresistibile voglia di “metterci una pezza” grazie a freddure di difficile digestione e colorate espressioni sulle inermi giornaliste “donne” chiamate a svolgere l’ingrato compito di sottoporgli alcune domande sulle tematiche più urgenti che deve affrontare il Paese?

O ancora. Come spiegare a Bersani che per presentare il programma elettorale che ha in mente il Pd non serve una riunione di tutti i capogruppi nazionali e regionali ma basta un efficace politica basata sulla concretezza e sull’ascolto dei bisogni degli italiani?

E chi lo ferma Nichi Vendola se comincia a filosofeggiare di marxismo, leninismo e postindustriale? Impossibile con 1 minuto a disposizione.

Per non parlare dell’ex magistrato Di Pietro, concreto e puntuale, se non sprecasse il fiato a litigare con tutti, sempre e comunque, finendo così a spiegarsi sì, ma parlando principalmente con sè stesso. Oltrettutto con accenti e toni gergali che – al di fuori dei molisani – in pochi riescono a decifrare fino in fondo.

Le principali difficoltà cui i nostri incapperebbero sono dunque manifeste a molti. E non è certo colpa della vecchia e cara scuola italiana che non è riuscita a impartir loro le lezioni più elementari. Dante o Manzoni erano dei romanzieri. Creatori di storie e dunque poeti del pensiero. Non politici chiamati a riferire ai propri elettori i compiti che hanno portato a termine e per cui sono stati scelti. Come giustificare, allora, la trasversale incapacità dei politici italiani di non riuscire, come si dice nel gergo comune, “a metter due frasi in fila”?

Sfida impossibile. Schiere di psichiatri, psicologi e sociologi non riescono tutt’oggi a farlo. Certo è che se a prender parte al duello per aggiudicarsi il tele-consenso fosse un nome ancora in ombra della politica nazionale – almeno per quel che riguarda la carica di premier – un tale di nome Bossi, altro che arringhe e dialettica. Un minuto sarebbe fin troppo. All’eco di “Avanti lumbard!” toccherebbe spegnere la tv e aspettare l’arrivo dei lanzichenecchi.