Anche a Roma affitti “scontati” e vendite “di favore”, nei locali dell’Enasarco

Pubblicato il 23 Febbraio 2011 - 14:46 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Affitti di favore e case in centro, o quasi: la ricetta dell’affittopoli milanese sembra abbia contagiato anche la capitale. Secondo quanto scrive Libero in un pezzo di Francesco De Dominicis affitti e vendite particolari ad alcune classi c’erano e ci sono anche a Roma.

Dal Pio Albergo Trivulzio all’Enasarco, l’ente di previdenza degli agenti di commercio e dei promotori finanziari. Dati alla mano, quelli della Corte dei Conti, ricostruisce, a nome di Enasarco ci sarebbero 273 complessi immobiliari e quasi tutti sarebbero a Roma per un patrimonio di circa 3 miliardi e un ” totale di 481 fabbricati distribuiti su quasi tutto il territorio nazionale. Più nel dettaglio i cespiti che costituiscono il patrimonio ammontano a circa 45.000 unità, di cui 17.000 con destinazione residenziale, 27.000 pertinenze a servizio delle abitazioni e 1.000 unità a destinazione commerciale”.

I nomi che sono venuti fuori vanno da Elio Vito a Roberto Castelli secondo quanto ricostruisce Libero. E ancora in lista ci sarebbero Pio Pompa, collaboratore del Sismi, con 165 metri quadri in via dei Georgofili 123, 698 euro di affitto. Poi Luciano Gaucci con altri 168 metri quadri, al piano di sotto, a 700 euro. Il viceministro delle Infrastrutture avrebbe 96 metri a Monteverde, «750 euro con le spese».

L’elenco si allungherebbe così secondo quanto riporta Libero: Elio Vito (Pdl) alla Farnesina, Girolamo Sirchia sulla Nomentana, Mario Palombo al Portuense, Benedetto Adragna (Pd) al Della Vittoria vicino a Donato Bonanni, Francesco Amoruso (ex An) ai Parioli accanto a Francesco De Gennaro, figlio del prefetto, e al capo della polizia Antonio Manganelli.

“Una delle vicende più note è quella che ha toccato da vicino l’ex presidente della Confcommercio, Sergio Billè, l’ex numero uno Enasarco, Donato Porreca, e un suo collaboratore, Fulvio Gismondi. A metterli nei guai era stato l’immobiliarista romano Stefano Ricucci. Siamo nel settembre del 2006 e Ricucci parla davanti ai pm della capitale. «Avrei dovuto pagare una tangente di 50/60 milioni di euro, anticipandone 3 milioni, e il 40% andava a Billè un altro 40% al presidente Enasarco Porreca e il restante 20% a Gismondi. L’obiettivo era vincere la gara per la gestione degli immobili»”, scrive Libero che continua a spiegare “Secondo le carte della procura di Roma, confermate dallo stesso Ricucci, la cordata di cui era parte l’immobiliarista romano, formata da Deutsche Bank, Magiste international e la ex Popolare di Lodi di Fiorani, mesi prima del bando per l’assegnazione della gara, avrebbe avuto informazioni decisive per potersi aggiudicare il bando stesso vincendo la concorrenza di giganti quali Pirelli re e banche d’affari. Ma la gara non fu mai aggiudicata”.