Epifani: “Rispetta le persone”, Renzi: “L’educazione la so da papà e mamma”

Pubblicato il 24 Gennaio 2014 - 08:21 OLTRE 6 MESI FA
di Angelo Panebianco  Poiché il meglio è nemico del bene va detto che qual u n q u e s i s t e m a elettorale sarebbe per noi migliore di quello (proporzionale con preferenze) che ci ha consegnato la Corte costituzionale: anche uno scelto a caso fra un centinaio di diversi possibili sistemi elettorali. Se restasse la proporzionale così come è, infatti, saremmo condannati per sempre all’ingovernabilità. Solo con partiti forti e radicati la proporzionale funziona ma tali partiti non li vedremo mai più, nemmeno col cannocchiale. Per dire che, piuttosto che la proporzionale, va bene anche il sistema elettorale su cui si sono accordati Renzi e Berlusconi. Ma c’è un «ma». Quella proposta prevede collegi plurinominali e liste di candidati, sia pure senza preferenze, ossia bloccate. Liste corte, certo, per non incorrere di nuovo nel veto della Consulta. Ma pur sempre bloccate. E sulle liste bloccate non poteva non riproporsi la solita polemica sul «Parlamento dei nominati». Non è solo Alfano a volere le preferenze (magari la sua è solo pretattica). Le vuole anche la minoranza antirenziana del Pd che, però, come ha detto Rosy Bindi, è maggioranza in Commissione. Esisteva un solo modo per evitare il rischio di ritrovarsi a discutere di preferenze sì/preferenze no: un accordo che prevedesse il ritorno ai collegi uninominali. Il collegio uninominale è lo strumento migliore, il più pulito, per garantire il massimo possibile di rappresentatività dell’eletto rispetto all’elettore. La sua superiorità sia nei confronti della lista bloccata sia nei confronti del «mercato delle preferenze» è evidente. Purtroppo, l’accordo Renzi-Berl u s c o n i n o n è a n d a to i n quella direzione e non resta che prenderne atto. Per lo meno, bisogna cercare di limitare i danni, fare fuoco di sbarramento contro la sciagurata eventualità del ritorno alle preferenze. Le preferenze sono portatrici (insane) di due gravi malattie. La prima consiste nella pesante distorsione che introducono nella competizione democratica. Contro l’opinione secondo cui la preferenza sarebbe un mezzo «per dare all’elettore la possibilità di scegliere l’eletto, e bla bla bla», le preferenze hanno l’effetto di sovrapporre alla competizione fra i partiti quella dentro i partiti, fra i candidati dello stesso partito. Ciò poteva avere un senso nella cosiddetta Prima Repubblica, un sistema politico bloccato ove l’unica vera competizione era quella fra le correnti e i candidati in lotta per le preferenze dentro ciascun partito. Perché riproporre oggi quelle distorsioni? C’è poi una seconda malattia. La rappresentanza degli interessi, anche quella normale e lecita in altre democrazie, è oggi a serio rischio di criminalizzazione. Mentre voteranno sulle preferenze i parlamentari diano un’occhiata alla legge Severino, la legge anticorruzione approvata all’epoca del governo Monti. D’ora in poi, sarà difficile per qualunque parlamentare (capi politici a parte), eletto grazie a tante preferenze, dimostrare che esse non siano frutto di «voto di scambio», indizi, se non prove, di un reato penale. Reintroducete le preferenze e darete lavoro supplementare a tutte le procure. A elezioni fatte, e vincitori proclamati, fioccheranno gli avvisi di garanzia. Il processo di subordinazione del potere rappresentativo a quello giudiziario farà un altro passo avanti. Se ci saranno di nuovo le preferenze, i temerari che si candideranno faranno bene a presentarsi agli incontri con gli elettori accompagnati dai loro avvocati.

Guglielmo Epifani. Com Matteo

Sempre più ducetto, Matteo Renzi non tollera che gli ricordino che è un rozzo maleducato. Esemplare lo scatto d’ira con Guglielmo Epifani, suo precessore come segretario del Pd e in passato segretario generale della Cgil:

“A me il rispetto non me lo insegna nessuno, l’educazione me l’hanno insegnata i miei genitori”,

ha sbottato Matteo Renzi quando Guglielmo Epifani aveva osato ricordargli che

“Le persone vanno rispettate”,

riferendosi al modo in cui Renzi aveva trattato Gianni Cuperlo. A quanto racconta Carlo Bertini sulla Stampa, Epifani si era lanciato

“a sorpresa in una tirata sul valore «pre-politico» del rispetto, per bacchettare il modo con cui il segretario ha trattato Gianni Cuperlo”.

Racconta Carlo Bertini che l’incauto Epifani ha osato anche alzare il dito e dire che

“non è quello il modo di trattare le persone”.

Epifani ha anche avuto la colpa di parlare dopo due ore di dibattito nella assemblea del gruppo Pd della Camera, durante le quali Renzi aveva dato segni di crescente insofferenza per essere costretto a stare due ore

“inchiodato ad ascoltare le riserve di tutti quelli che avevano qualcosa da ridire sull’Italicum”.

Mentre stava per scoccare la mezzanotte, alle 23,45 per la precisione,

“dopo una sfilza di interventi in punta di fioretto ma pacati, di pasdaran bersaniani come Fassina e D’Attorre”,

le scintille con Epifani, persona di natura civile, mite, educata.

Renzi vuole seguire le aspirazioni dittatoriali di Berlusconi, che però da grande venditore è duro e spietato nella sostanza ma gelatinoso nella forma. Ora dicono che somigli a Bettino Craxi: ma non ne ha certo lo spessore politico né la visione.