“L’Espresso non diffamò Previti”. La Cassazione dà torto all’ex deputato

Pubblicato il 23 Novembre 2010 - 17:05 OLTRE 6 MESI FA

Cesare Previti

Cesare Previti aveva citato L’Espresso per diffamazione, ora la Cassazione dà ragione al gruppo editoriale: secondo i giudici, l’ex ministro della Difesa ed ex parlamentare di Forza Italia che ha perso il seggio alla Camera dopo la condanna definitiva all’interdizione perpetua dai pubblici uffici nel processo Imi-Sir, è stato implicato in vicende giudiziarie ”così gravi” che non ha in alcun modo danneggiato la sua reputazione il fatto che, in un articolo comparso su “L’Espresso” il 3 aprile 1997, sia stato indicato come “rinviato a giudizio” mentre era ancora solo “indagato”.

La Cassazione ha dunque detto “no” alla domanda di risarcimento presentata da Previti contro il gruppo editoriale. Secondo la Suprema Corte, Previti non ha nulla di cui lamentarsi poiché ”il giudizio negativo indotto nel lettore era conseguenza delle vicissitudini giudiziarie da tempo in corso a suo carico e non dell’inesattezza terminologica nella quale era incorso l’autore dell’articolo”.

In altre parole, spiega ancora la Cassazione, la gravità delle indagini penali alle quali era sottoposto Previti e gli elevati incarichi istituzionali rivestiti, non avrebbero evitato che anche ”se espresso in termini più precisi, il riferimento al parlamentare sarebbe stato lo stesso assai disdicevole”.

Infine, i supremi giudici ritengono che Previti non abbia ricevuto nessuna lesione dell’onore dall’uso di altre espressioni contenute nell’articolo come ”politicamente morto”, ”rischia la galera” e ”primo accusatore di Di Pietro”.

Con la bocciatura del ricorso inoltrato in Cassazione, e firmato dalla figlia Carla Previti, anche lei avvocato, l’ex parlamentare e legale della Fininvest è stato condannato a pagare 3400 euro di spese di giustizia. Sia la Corte di Appello di Roma, che i giudici di primo grado, avevano già respinto la richiesta di risarcimento.