Fassino: “Craxi fu un capro espiatorio”

Piero Fassino

Piero Fassino in versione “revisionista”  rivisita la figura di Bettino Craxi.  In una lunga intervista al quotidiano La Stampa, l’esponente del Pd traccia un giudizio molto più benevolo sull’ex leader del Psi rispetto ai compagni di partito.

Per Fassino, infatti, è arrivato il momento di riflettere in modo più pacato sulla figura di Craxi, e quindi sul rapporto tra giustizia e politica, riconoscendo che l’ex leader socialista fu anche «un capro espiatorio».

Fassino sostiene che la sua “rivalutazione craxiana” non è nuova: già diversi anni fa, in un suo libro, afferma aver provato «ad uscire dagli opposti manicheismi nei confronti di Craxi. Continuo a pensare che dipingerlo come un criminale sia una caricatura sciocca e inaccettabile. Così come descriverlo come la vittima di una congiura».

Tentativo o meno, però, la sortita di Fassino non ebbe alcun seguito. E ora, ad oltre quindici anni di distanza dall’uscita di scena e a quasi dieci dalla morte, l’esponente del Pd riflette a freddo, forse troppo a freddo, sul ruolo di Craxi.

Un’analisi quella dell’esponente del Pd che muove dalla collocazione politica di Craxi. Per Fassino, infatti, l’ex presidente del Consiglio va considerato a tutti gli effetti uomo di sinistra e non il “preludio” all’epoca Berlusconi: «Non ci sono dubbi. Craxi è stato un politico della sinistra, nel solco della storia del socialismo riformista. Ha rivitalizzato il Psi, ha intuito prima di altri quanto l’Italia avesse bisogno di una modernizzazione economica ed istituzionale, su questo sfidò due grandi forze come la Dc e il Pci ed avvertendo il rischio di non farcela, non sfuggì alla tentazione di un alleanza con i poteri forti, come la P2 di Gelli, terreno sul quale è maturata la degenerazione e la corruzione».

Quindi l’esponente del Pd riconosce a Craxi il ruolo di “vittima” di un certo sistema: «Probabilmente – spiega – sì, fu un capro espiatorio. Intendiamoci. Tangentopoli non è stata un’invenzione della magistratura, le tangenti, le corruzioni e le concussioni c’erano e sono state provate e non si poteva chiedere ai magistrati di guardare dall’altra parte. Ma al di là delle responsabilità penali, la dimensione giudiziaria ha finito per sovrastare la riflessione politica».  Condivisibile o meno che sia, la riflessione fassiniana sembra però arrivare decisamente fuori tempo massimo.

Fassino, invece, dribbla la polemica sulla strada da intitolare a Craxi o meno nel comune di Milano: «Non mi pare davvero utile infilarsi adesso in un referendum pro o contro la proposta della Moratti. Deciderà il Consiglio comunale di Milano».

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie