ROMA – Confalonieri: “Firmavo io, condannano Berlusconi”. Il Fatto. “Non i diritti tv”. Se nella Giunta immunità del Senato tengono banco i profili giuridici e costituzionali per l’applicabilità della decadenza di Berlusconi da senatore quale effetto della sentenza Mediaset, il capo ufficiale dell’azienda, il presidente Fedele Confalonieri continua a contestare proprio quella sentenza, offrendo se stesso come esempio di prova provata della sua infondatezza.
“La firma sui bilanci di Mediaset era la mia. E sono stato assolto due volte. Lui era a Palazzo Chigi ed è stato condannato. Ma che giustizia è questa?”: questo il ragionamento di Confalonieri che giudica la sentenza aberrante. In realtà, denuncia e sillogismi relativi di Confalonieri sono apparsi ieri su Il Giornale, un pensiero espresso qualche tempo prima di cui “Per gentile concessione di «Magna Carta» pubblichiamo ampli stralci dell’intervista a Fedele Confalonieri realizzata per la summer school della Fondazione” (Il Giornale).
In effetti, quella del “think tank all’italiana” Magna Carta, fondazione di centrodestra, era un’intervista nota, ritirata fuori nell’urgenza di fornire ogni tipo di soccorso all’editore di riferimento, sottolinea oggi Il Fatto Quotidiano in un articolo di Gianni Barbacetto. Che tiene a confutare anche la sostanza e il merito del nesso illogico chiamato in causa da Confalonieri in versione “scudo umano”.
Non rievoca l’obiezione secondo la quale non era tanto il risparmio pecuniario l’obiettivo della frode fiscale, ma l’occultamento di risorse per la costituzione di fondi neri, variamente spendibili. Barbacetto ricorda invece il funzionamento della catena di comando ai vertici Mediaset così come è stata spiegata e accertata da riscontri e testimonianze. Non era, in sintesi, Confalonieri a gestire ( e se è per questo nemmeno Franco Tatò quando lo sostituì per un periodo) il business dei diritti tv e cinematografici: chi guidava il settore, Carlo Bernasconi, riferiva solo e direttamente a Berlusconi.
I testimoni, persone che Fedele conosce bene perché lavoravano in Mediaset nel settore diritti, da Silvia Cavanna a Marina Baldi fino a Daniele Belotti, sono stati chiarissimi chiarissimi: il business dei diritti tv comprati all’estero era presidiato da Bernasconi, che riferiva direttamente a Berlusconi. Perfino l’ex amministratore delegato di Mediaset Franco Tatò era escluso: ha dichiarato che anche a lui, che pure era il numero uno operativo dell’azienda, erano tenuti nascosti i veri numeri dei contratti d’acquisto: “Era un’area di attività assolutamente chiusa e impenetrabile”, dichiara Tatò. (Gianni Barbacetto, Il Fatto Quotidiano)