Financial Times/ Silvio Berlusconi non è il solo male dell’Italia. E’ il sistema ad essere corrotto

Pubblicato il 31 Luglio 2009 - 19:27 OLTRE 6 MESI FA

Oggi, 31 luglio, il Financial Times, torna a concentrarsi sugli affari italiani dopo la battaglia polemica ingaggiata nei giorni scorsi contro  Silvio Berlusconi. Questa volto il tono della lunga analisi politica, firmata da Geoff Andrews, autore di “Not a normal country: Italy after Berlusconi”, è diverso dal solito. A uscirne impietosamente non è più il solo Berlusconi. E’ tutta l’Italia a cui viene fatta un’impietosa e pessimista radiografia.

L’Italia è un paese, secondo l’analisi del quotidiano britannico, governato da una persona che le recenti rivelazioni hanno svelato, ancora una volta, incapace di guidare un governo. Eppure, i mali dell’Italia non finiscono con Berlusconi. Allo stato attuale, le prospettive del Belpaese nel dopo-Berlusconi non sono delle più rosee. Anzi.

Uno dei problemi centrali è per Andrews «la corruzione al cuore del governo e la mancanza di trasparenza e responsabilità che mina gli sforzi per combatterla. C’è una cultura dell’illegalità che attraversa la società italiana, dall’evasione fiscale, al ruolo delle mafie criminali, agli scandali delle partite di calcio truccate».

Altra ragione che impedisce le riforme è «la continua incapacità a rinnovare il sistema politico italiano dai tempi di Tangentopoli». Da una parte, «la sinistra italiana ha attraversato una seria crisi di identità, ha cambiato nome di continuo negli scorsi anni ma ha fallito nell’individuare una agenda delle riforme che questo periodo di opportunità le chiedeva». Dall’altra solo il «populismo di Berlusconi è stato capace di rispondere alla paure quotidiane degli italiani, per quanto inverosimile possa apparire agli osservatori stranieri».

Il futuro per l’Italia è incerto e, se le cose restassero immutate, il paese ne uscirebbe malconcio. «Anche quando Berlusconi dovesse lasciare la scena c’è poca speranza che la collaborazione incrociata fra i partiti possa portare a un nuovo sistema elettorale, maggiore responsabilità pubblica, maggiore indipendenza dei media, maggiore competizione per aprire i mercati».