Fini furioso con Bondi: “Come si fa ad avere Cosentino e Brancher nel governo?”, “Siamo subalterni alla Lega”

Pubblicato il 2 Luglio 2010 - 11:23 OLTRE 6 MESI FA

Fini alla fine non ce l’ha fatta più e ha perso la pazienza sbottando davanti a Sandro Bondi: “Com’è possibile che Cosentino sia ancora sottosegretario?”, “E Brancher ministro?”, “Il Pdl soffre la sudditanza nei confronti della Lega” e infine “se porre certe questioni vuol dire fare il controcanto, continuerò a fare il controcanto”. Il presidente della Camera continua dunque a “smarcarsi” dalla linea ufficiale del suo partito.

Fini e Bondi erano seduti uno accanto all’altro alla presentazione della Rivista di Politica diretta dal finiano Alessandro Campi, direttore della fondazione Farefuturo. Fini stava esprimendo il proprio disappunto già con i gesti: mentre il ministro della Cultura parlava, il presidente della Camera scuoteva la testa evidentemente infastidito.

I due sono partiti dandosi del “lei” perché, come ha spiegato Bondi, “il tu non riesco a darlo neanche a Berlusconi”. Fini ha detto di non avere nostalgia dei vecchi tempi e men che meno “per l’ortodossia e per il rischio di espulsione” che caratterizzava i “partiti-chiesa” come l’Msi o il Pci. Un’allusione che subito dopo è diventata rivendicazione del “diritto al dissenso”: “Il diritto alla diversità di opinioni non viene meno perché c’è stato il momento catartico e liberatore del voto”. Secondo il presidente della Camera non ci può essere “il pensiero unico” in un partito liberale.

Poi è entrata in gioco la Lega. Bondi ha assicurato che “sull’unità nazionale non ci sono problemi nel Pdl e neanche con la Lega”. Ma Fini ha ribattuto: “Il problema c’è”. Da lì è stato un crescendo nel quale quello che per Fini è “diritto al dissenso”, per Bondi è “un inutile stillicidio di provocazioni, di controcanto quotidiano che può diventare un serio problema nella costruzione del partito unitario”.

I toni del “duello verbale” si sono alzati in merito al ddl intercettazioni. Il presidente della Camera ha chiesto di fermarsi e di riflettere dopo l’allarme lanciato dal procuratore Antimafia Piero Grasso: “Su alcune questioni io non faccio finta di non vedere”. Bondi ha risposto :”È da mesi che discutiamo e poi non è che quello che dice Grasso è Vangelo”.

Allora Fini ha alzato il tiro e ha denunciato la “non opportunità” che il sottosegretario Nicola Cosentino resti al ministero “perchè in politica bisogna essere come la moglie di Cesare al di sopra di ogni sospetto”. Bondi si è fatto rosso in volto ed è apparso sconsolato: “Sono amareggiato, si sollevano questioni minime, noi dobbiamo difendere chi è accusato ingiustamente”.

Ma quando il presidente della Camera ha sollevato il caso Brancher (“nel Pdl e nel governo non voglio che ci sia il sospetto che ci sia qualcuno che si fa nominare ministro perchè non vuole andare in tribunale”), lo scontro ha raggiunto l’apice: “Su queste questioni continuerò a fare il controcanto”, ha detto Fini. “Ma così avremmo i comunisti al governo”, ha concluso amaramente Bondi.