Fini: “I magistrati non si devono vergognare”

Pubblicato il 22 Febbraio 2010 - 18:19 OLTRE 6 MESI FA

I magistrati non si devono vergognare. Gianfranco Fini prende le distanze da Silvio Berlusconi che aveva pesantemente attaccato le toghe dopo l’inchiesta sugli appalti del g8. «Il capo del governo – dice Fini intervistato al Caffè della Versiliana – è notorio che usa espressioni molto dirette perchè ritiene di essere al centro di un particolare accanimento da parte di alcune Procure. Ma al netto di questa espressione, che lascia il tempo che trova, il compito della politica è quello di riformare la cosa pubblica e quindi di garantire che ci sia una giustizia in tempi brevi e certi ma anche che ci sia una giustizia autenticamente giusta, basata su quell’equilibrio necessario che oggi molte volte non c’è».

«Spero che finita la consultazione elettorale di marzo, che è importantissima, si parta finalmente con un disegno di riforma della Costituzione, partendo da ciò che si può fare con una larga condivisione». Secondo Fini è possibile utilizzare parte del 2010 e gli anni 2011-2012 per realizzare le riforme istituzionali che maggioranza e opposizione possono condividere, come quelle che prevedono la nascita di un Senato federale e la riduzione del numero dei parlamentari. «Continuo ad essere ottimista, è arrivato il momento di fare le riforme», aggiunge il presidente della Camera.

Interpellato poi su un tema particolarmente caldo, quello della corruzione, Fini risponde così: «Se domani il Parlamento approvasse col voto di tutti una leggina per cui chi è condannato con sentenza definitiva per reati contro la pubblica amministrazione per 5 anni non si può candidare, la pubblica opinione direbbe “meno male”, reagirebbe positivamente, e le istituzioni politiche acquisterebbero un tassello di fiducia in più rispetto a oggi».

Secondo il numero uno di Montecitorio questo sarebbe un ”buon segnale”, una ”proposta simbolo” e non ”un motivo di scandalo”: anche perché, come sottoline, ”non credo che sarebbero molti” gli interessati dal provvedimento, visto che “in molte occasioni prevale il senso di opportunità nei partiti”. Secondo Fini, però, quella attuale non è “una nuova Tangentopoli: c’è un fenomeno di malcostume diffuso, casi di chi se ne approfitta”. Anche se, conclude, ”non è sufficiente essere arrestati per essere dei delinquenti”.