Fini troppo impegnato e il suo partito comincia a perdere pezzi e idee

Pubblicato il 9 Febbraio 2011 - 10:09 OLTRE 6 MESI FA

Gianfranco Fini

“Basta con le tesi di sinistra”, si lamenta l’intellettuale futurista Alessandro Campi. “Questo è un partito di oligarchi” denuncia il deputato/attore Luca Barbareschi. “Abbiamo l’imprinting di un partitino della Prima Repubblica” si rammarica la politologa di riferimento Sofia Ventura. A pochi mesi dal varo, e dopo qualche battaglia persa, la nuova creatura di Fini è già in fibrillazione. Il capo ha troppo da fare, qualcuno dall’interno gli suggerisce addirittura di lasciare la Presidenza della Camera per dedicarsi al partito. “Per non lasciarlo in mano ai colonnelli” spiega la Ventura “e riprendere il percorso interrotto”. Dopo il fuoco e l’energia iniziali ora è la delusione il sentimento dominante tra i fan che avevano scommesso sulla svolta emancipatrice. Ma fuori della tutela dei voti di Berlusconi, malumori e paure sembrano avere il sopravvento.

E i colonnelli che dicono? Il più agguerrito, Italo Bocchino, forse non ricorda quell'”intellettuali dei miei stivali”, cifra della craxiana tracotanza nei confronti dei dissenzienti. Ma una carezza a Campi è d’obbligo: “In un’intervista di qualche tempo fa parlò bene del “governissimo”. Ora saremmo noi quelli che vogliono andare a sinistra. Gli intellettuali facciano gli intellettuali!”

La prospettiva di una alleanza (“santa” secondo l’enfasi del momento) con la sinistra è dura da mandar giù. Ma lo strappo consumato, il “che fai mi cacci”, segnava un punto di non ritorno, almeno con Berlusconi ancora tra i piedi. Oggi ci si appoggia alla stampella del Terzo Polo, Casini e Rutelli sono compagni di strada normali. Tutti gli altri, dal Pd in giù, sono compagni e basta. Con loro, vaticina Roberto Menia, ci si potrebbe alleare solo nel caso in cui l’ex amico La Russa schierasse i carabinieri al Parlamento. Toccherà ai pompieri Urso, Ronchi, Viespoli cucire, sopire, spiegare. Ma spostare il confine tra tattica e strategia sulla linea dell’orizzonte, è come far indossare occhiali da sole a chi ha problemi di miopia.