“Rottura, pace o logoramento”: le tre carte di Fini. Ma il Fli si spacca sul discorso di Berlusconi

Pubblicato il 5 Novembre 2010 - 09:46 OLTRE 6 MESI FA

Gianfranco Fini durante il discorso di Mirabello

Per capire davvero il pensiero di Gianfranco Fini bisognerà aspettare domenica e la Convention perugina di Futuro e Libertà. Per capire, invece, che il partito neonato presenta già qualche scricchiolio non è necessario aspettare alcunchè: basta leggere le dichiarazioni dei diretti interessati e vedere i tentennamenti (calcolati) di Fini dopo il discorso di ieri di Silvio Berlusconi alla direzione nazionale del Pdl.

Il premier parla a lungo, lancia il suo ultimatum (l’ennesimo), chiede chiarezza al presidente della Camera e parla di “dialettica” nel centro destra. Qualche ora dopo l’Ansa rilancia la risposta di Fini: una bocciatura netta e senza appello. Il leader del Fli definisce quello di Berlusconi un “discorso deludente, tardivo e senza prospettive”. Prologo di un affondo che a Perugia porterà allo strappo definitivo? Troppo presto per dirlo. Ma stando a quanto ribattono le agenzie poco dopo, sembra proprio di no. Succede che Fini pubblico smentisce Fini confidenziale e spiega che le frasi attribuite “al presidente della Camera sono prive di fondamento”. Questo non vuol dire che non le abbia dette, anzi.

Una differenza formale tra le due versioni del fini pensiero c’è: nel primo dispaccio si parla di un Fini che parla “genericamente” ai suoi. La smentita è invece ufficiale e virgolettata. Potrebbe sembrare, semplicemente, che l’Ansa ha sbagliato a riportare e che il presidente della Camera smentisce. Non è necessariamente così. Anzi. La “delusione”, piuttosto, sembra un sasso lanciato per tastare gli umori dei suoi. Non a caso Fini nella sua confidenza usa parole sostanzialmente identiche a quelle dette poco prima da Italo Bocchino, uno dei “falchi” del Fli.

Solo che in Futuro e Libertà ci sono le “colombe”, quelli che cercano un modo per continuare ad andare a ‘braccetto’ con Berlusconi. Scrive Fabio Martini sulla Stampa che, pochi minuti dopo la stroncatura di Fini al discorso di Berlusconi, il telefono del presidente della Camera squilla due volte. Sono Andrea Ronchi e Silvano Moffa, due colombe. Vogliono sapere quanto c’è di vero, capire il perché della bocciatura. Il pensiero delle colombe, oltre ai due ci sono anche Consolo e Viespoli, lo riassume con chiarezza il Corriere della Sera: “Noi non ci stiamo a rompere. Abbiamo ottenuto da Berlusconi il riconoscimento che chiedevamo, adesso andiamo avanti rilanciando i nostri temi per costruire un nuovo centrodestra”.

Fini, quindi, è alle prese con un partito che ancora non c’è e deve decidere da che parte andare. Di certo c’è che domenica a Perugia, ci saranno migliaia di persone che si aspettano dal presidente della Camera una presa di posizione forte, una rottura di indugi, una versione persino irrobustita del discorso di Mirabello. E le insidie della trappola tesa da Berlusconi a Fini sono tutte qua: ieri il premier ha in qualche modo “riconosciuto” il Fli come soggetto interno al centrodestra e sembra aver smesso, una volta per tutte, a chiedere le dimissioni di Fini dalla Presidenza della Camera. Non sono gentilezze, piuttosto è la preparazione del campo di battaglia, un modo per scaricare su Fini la responsabilità di una crisi di governo. Una trappola a tutti gli effetti. E Fini, per non caderci, ha bisogno di compattare subito il partito trovando un modo per unire, almeno per qualche tempo, le posizioni di falchi e colombe.