Fini: “Se fallisce Fli lascio la politica”. Possiamo credergli?

Pubblicato il 1 Marzo 2011 - 11:32 OLTRE 6 MESI FA

Gianfranco Fini

ROMA – ”Se fallisce il progetto del Fli lascio la politica”, parola di Gianfranco Fini dagli schermi tv di Otto e mezzo.

”Ma sarebbero gli italiani a dirmi di andare a casa. In questa partita politica mi gioco tutto, ma ho fiducia nella capacità degli italiani di valutare la mia scommessa”, ha aggiunto il presidente della Camera.

A questo punto ci chiediamo se davvero possiamo credergli? Il futurista in realtà aveva già detto che se ne sarebbe andato, che avrebbe mollatolo scranno principale di Montecitorio.

Erano i giorni degli scandali quotidiani e sistematici sulla casa di Montecarlo, sulle trattative vere o presunte, sull’inquilino speciale della proprietà di Alleanza nazionale, che di nome fa Giancarlo Tulliani, fratello della compagna Elisabetta.

Nel tanto atteso videomessaggio datato 25 settembre 2010 Fini in persona, dopo avere elencato i fatti con tanto di ricostruzione personale aveva detto chiaro che qualora la casa fosse risultata di Tulliani avrebbe lasciato la presidenza della Camera: “Ho sbagliato? Con il senno di poi mi devo rimproverare una certa ingenuità. Ma, sia ben chiaro: non è stato commesso alcun tipo di reato, non è stato arrecato alcun danno a nessuno. E, sia ancor più chiaro, in questa vicenda non è coinvolta l’amministrazione della cosa pubblica o il denaro del contribuente. Non ci sono appalti o tangenti, non c’è corruzione nè concussione. Tutto qui? Per quel che ne so tutto qui. Certo anche io mi chiedo, e ne ho pieno diritto visto il putiferio che mi è stato scatenato addosso, chi è il vero proprietario della casa di Montecarlo? E’ Giancarlo Tulliani, come tanti pensano? Non lo so. Gliel’ho chiesto con insistenza: egli ha sempre negato con forza, pubblicamente e in privato. Restano i dubbi? Certamente, anche a me. E se dovesse emergere con certezza che Tulliani è il proprietario e che la mia buona fede è stata tradita, non esiterei a lasciare la Presidenza della Camera. Non per personali responsabilità – che non ci sono – bensì perché la mia etica pubblica me lo imporrebbe”.

Rispolveriamo la sua versione dei fatti: “I fatti: An, nel tempo, ha ereditato una serie di immobili. Tra questi, nel 1999, la famosa casa di Montecarlo, che non è una reggia anche se sta in un Principato, 50-55 metri quadrati, valore stimato circa 230 mila euro. Essendo in condizioni quasi fatiscenti e del tutto inutilizzabile per l’attività del Partito, l’11 luglio 2008 è stata venduta alla Società Printemps, segnalatami da Giancarlo Tulliani. L’atto è stato firmato dal Segretario amministrativo, senatore Pontone da me delegato, un autentico galantuomo che per 20 anni ha gestito impeccabilmente il patrimonio del partito, e dai signori Izelaar e Walfenzao. Il prezzo della vendita, 300 mila euro, è stato oggetto di buona parte del tormentone estivo. Dai miei uffici fu considerato adeguato perché superava del 30 per cento il valore stimato dalla società immobiliare monegasca che amministra l’intero condominio. Si poteva spuntare un prezzo più alto? E’ possibile. E’ stata una leggerezza? Forse. In ogni caso, poiché la Procura di Roma ha doverosamente aperto una indagine contro ignoti, a seguito di una denunzia di due avversari politici e poiché, a differenza di altri, non strillo contro la magistratura, attendo con fiducia l’esito delle indagini. Come ho già avuto modo di chiarire, solo dopo la vendita ho saputo che in quella casa viveva il Signor Giancarlo Tulliani. Il fatto mi ha provocato un’arrabbiatura colossale, anche se egli mi ha detto che pagava un regolare contratto d’affitto e che aveva sostenuto le spese di ristrutturazione. Non potevo certo costringerlo ad andarsene, ma certo gliel’ho chiesto e con toni tutt’altro che garbati. Spero lo faccia, se non fosse altro che per restituire un pò di serenità alla mia famiglia. E’ stato scritto: ma perché venderla ad una società off shore, cioè residente a Santa Lucia, un cosiddetto paradiso fiscale? Obiezione sensata, ma a Montecarlo le off shore sono la regola e non l’eccezione. E sia ben chiaro, personalmente non ho nè denaro, nè barche nè ville intestate a società off shore, a differenza di altri che hanno usato, e usano, queste società per meglio tutelare i loro patrimoni familiari o aziendali e per pagare meno tasse”.

A distanza di sei mesi abbondanti Fini occupa ancora la sua poltrona, il neo battezzato Futuro e libertà è in crisi. Se fallisce, lascerà davvero? Il dubbio resta.