Fini farà un nuovo partito “autonomo” o seguirà il solco dell’Udeur di Mastella?

Pubblicato il 2 Novembre 2010 - 14:49 OLTRE 6 MESI FA

Gianfranco Fini

Gianfranco Fini vuole essere il leader di un partito nuovo e riformatore, veramente antiberlusconiano, oppure il “reggente” di un partito già visto, seguendo il solco di Mastella? Se lo chiede Pier Luigi Battista sul Corriere della Sera, a pochi giorni dal congresso fondativo di Futuro e Libertà, domenica a Perugia.  “Se Fini si accontentasse di un partitino ago della bilancia –  è il ragionamento di Battista – non farebbe una cosa nuova ma seguirebbe il solco di Mastella”.

Tutto dipenderà da quello che deciderà di fare il presidente della Camera. Se non deluderà elettori e sinistra, e prenderà posizione davanti a un Silvio Berlusconi sempre più impantanato in processi e polemiche. O se, al contrario, rimarrà a fare da ago della bilancia, al governo non staccherà la spina e rimarrà in qualche modo ancorato al suo passato nel Pdl.

“Se Fini si accontentasse di un partitino che spende ogni energia nel fare l’ago della bilancia – scrive Battista – non farebbe una cosa nuova: prima di lui, meglio di lui, Clemente Mastella ha già tracciato il solco. Una sigla in più, ma inutile e destinata a sfiorire quando l’effetto novità comincerà, molto presto, a svanire. Un rifugio per politici irrequieti e in cerca di casa, non una meta credibile per chi vuole sapere cosa sarà del centrodestra nel caso in cui il suo attuale, carismatico leader dovesse abbandonare l’indiscusso comando”.

“Se invece Fini si rinchiudesse nel bunker dei gruppi parlamentari – continua Battista – Se, come ha scritto Giuliano Ferrara, si disponesse a incarnare un ruolo simile a quello di Lamberto Dini nel ’94-95. Se rinunciasse alla democrazia del maggioritario per inseguire pasticci, coalizioni volatili, soluzione precarie e raffazzonate. Se smettesse di parlare all’elettorato sbandato del centrodestra. Se non accantonasse risentimenti (anche legittimi, dopo la guerra brutale condotta contro di lui quest’estate). Se non incalzasse Berlusconi per realizzare i cinque punti su cui il governo ha appena chiesto la fiducia. Se guardasse con apprensione i sondaggi per misurare il consenso di qualche zero virgola in più. Se insomma facesse di Futuro e Libertà l’ennesimo partito di un leader volubile e tatticista, Perugia sarebbe un’occasione perduta. L’ennesima delusione di una Seconda Repubblica sull’orlo della disgregazione”.