“Libero” contro Fini: “Un piano segreto del presidente per far saltare il Pdl”

Pubblicato il 29 Aprile 2010 - 19:07 OLTRE 6 MESI FA

Sulla base alle confidenze di alcuni ex fedelissimi del presidente della Camera, Libero ricostruisce quello che chiama “il piano di Fini contro il Pdl”. Secondo l’ipotesi del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro il disegno del Presidente della Camera era far cadere il centrodestra e ricostruire la Dc con Rutelli e Casini. Un progetto legato però ad una speranza dimostratasi vana: la sconfitta della Polverini, candidata del Pdl, alle regionali del Lazio. Un assist che sarebbe servito a criticare il Pdl per gli errori commessi e soprattutto ad esautorare il suo leader.

“Era pronto da tempo – scrive Franco Bechis – dall’autunno scorso. E aveva subito un’accelerazione notevole proprio durante la campagna elettorale delle regionali. Gianfranco Fini era pronto ad aprire prima la crisi dentro il PdL, poi trovare una sponda nell’area centrista e infine fare saltare il banco, smontando i due principali partiti del bipolarismo: Pd e PdL. Ma la leva principale per realizzare tutto doveva venire da quella che per lui era una certezza: la sconfitta di Renata Polverini alle elezioni regionali del Lazio e il probabile deludente risultato complessivo”.

Ci sono stati anche dei “colloqui” con Pier Ferdinando Casini e con Francesco Rutelli come raccontano a Libero alcuni fedelissimi del Presidente della Camera. Racconta Amedeo Laboccetta, figura storica del Msi per lunghi anni consigliere di Fini, pronto a sostenerlo anche nel confronto con Berlusconi (ha firmato anche il primo documento di solidarietà al presidente della Camera, quello dei52finiani):

“Fino alle regionali avevo compreso le sue ragioni. Ma il giorno dopo le elezioni l’ho visto e gli ho detto che bisognava prendere atto della realtà. I fatti non erano quelli che ci si immaginava, e un leader sa cambiare atteggiamento. Vero che uno dei nostri, Italo Bocchino, si era spinto troppo avanti. Ma che Berlusconi avesse vinto le elezioni e che a Roma questo fosse avvenuto proprio grazie a lui, era un dato di fatto che non si poteva negare. Gli dissi quel giorno che bisognava prendere atto della attualità, che quei dati dicevano che il progetto di una rapida scomposizione del sistema politico, tutto pronto a dissolversi, l’area di Casini e Rutelli in movimento, altri contatti con esponenti del PdL e dell’opposizione non avrebbero portato a nulla”.

Ma Bocchino aveva già fatto partire Generazione Italia. “Gli dissi – prosegue Laboccetta – Gianfranco, fermati! Hai ragione su molte cose, ma se la realtà è diversa… Italo Bocchino sostenne il contrario: avanti, è il momento di spaccare tutto. Parlava da guerrigliero, e credo che sia proprio questo che avesse in mente e che vedremo in scena nei prossimi mesi: la guerriglia”. “Gianfranco ormai è in mano a guerriglieri come Bocchino, e mi sembra preso dal cupio dissolvi. Cosa farà? La guerriglia, poi la componente finiana, la correntina e inevitabilmente la scissione”. “Errori ce ne sono stati dappertutto. Vero – osserva Amedeo Laboccetta – che Fini troppo spesso è stato umiliato da Berlusconi. Vero che la responsabilità di quella brutta pagina della direzione nazionale è stata vicendevole. Io fino all’ultimo ho sperato che si potesse ancora – chissà, con una stretta di mano – riprovare. Ma non è così.

Gianfranco spiega l’ex missino “è partito da una considerazione certa: lui non sarebbe stato il successore di Berlusconi nel PdL. Lega o non Lega, ormai erano più forti altre ipotesi: Giulio Tremonti o altri. Non lui. Io fino all’ultimo gli ho detto: aspetta, prendi tempo. Un leader sa farlo”. Ma Fini era ormai preso da un “cupio dissolvi”. “A questo punto – conclude Laboccetta – vuole solo trovare le leve per fare saltare il sistema e farla pagare a Berlusconi. Si è affidato a quel ragazzino (Bocchino, ndr) che ora sta diventando per tutti un soggetto politicamente pericoloso e gode nel tenere in eccitazione permanente il primo partito politico italiano”.