Fli acclama Fini presidente: “Dimettiamoci io e Berlusconi, poi il voto”

Pubblicato il 13 Febbraio 2011 - 13:20 OLTRE 6 MESI FA

Italo Bocchino

MILANO – Gianfranco Fini è stato acclamato primo presidente di Futuro e Libertà dalla Assemblea costituente di Futuro e Libertà. “Grazie per la fiducia con cui mi avete voluto onorare”, ha ringraziato dopo la standing ovation.

Poichè Berlusconi è premier e Fini è presidente della Camera in virtù del patto all’origine del Pdl, da Fini arriva una ”sfida politica” al Cavaliere. ”Se si è interrotto quel patto e sono venute meno le condizioni di allora, faremmo entrambi una splendita figura se ci si dimettesse per consentire così agli italiani di esprimere con il voto la loro sovranità popolare”. E’ questo uno dei passaggi piu’ forti dell’intervento di Fini all’Assemblea costituente di Fli.

“Nel corso di queste settimane ha preso corpo un piccolo miracolo e ha preso corpo in questa Assemblea Costituente”. “Questi pochi mesi di vita di Fli hanno segnato la storia politica italiana”, ha aggiunto Fini. “Questa assise ha dimostrato l’unicità della nostra linea politica. La distinzione tra falchi e colombe era fittizia. È evidente che non c’è una diversità di linea politica”.

“Futuro e Libertà non nasce per una scissione, non nasce per creare un gruppo chiuso, per ribellione al presidente del Consiglio nasce per coerenza al progetto del Popolo della Libertà che avevamo contribuito a fondare. Nasce perché il Pdl non era un partito liberale, era altro”.

“Futuro e Libertà non nasce per una scissione, non nasce per creare un gruppo chiuso, per ribellione al presidente del Consiglio nasce per coerenza al progetto del Popolo della Libertà che avevamo contribuito a fondare. Nasce perché il Pdl non era un partito liberale, era altro”, ha detto ancora Fini. “Bisogna nutrire un profondo rispetto per le istituzioni, avere un profondo rispetto per lo Stato”.

“Bisogna avere rispetto per la Costituzione e per quel patriottismo italiano”. E su Berlusconi: “Essere di destra significa avere senso dello Stato e rispettare anche la prima parte della Costituzione, compreso l’articolo 3. La sovranità popolare non significa impunità, non significa infischiarsene della Costituzione, non significa essere al di sopra della legge. Neanche se si è eletti con il 99% dei voti”.

“Il Pdl – ha aggiunto poi Fini in un altro passaggio del suo intervento – non ha senso dello Stato e delle istituzioni. La cronaca di questi giorni ci dà ragione quando dicevamo che dentro il Pdl il concetto di identità nazionale non è solo sventolare il tricolore ma il senso di appartenere a una comune storia”.

Sul caso Ruby, Fini ha detto: “È motivo di dolore per tutti gli elettori che si identificano anche all’estero con il centrodestra, ed è anche motivo di imbarazzo per molti dirigenti del Pdl, visto che siamo diventati lo zimbello del mondo occidentale per comportamenti che nulla hanno a che vedere con le dinamiche politiche”. “Basta considerare la donna in ragione della sua avvenenza, disponibilità”, ha aggiunti Fini. Per il presidente della Camera è necessario anche proporre ai giovani “una sogno, una bandiera ideale perché ai nostri figli non si può far balenare l’idea che c’è sempre una scorciatoia per arrivare al successo, e che il valore più importante è il denaro”.

Brevissimo spiarietto poi durante la prima parte del discorso di Fini: un uomo vestito di verde è improvvisamente comparso sul palco, alle spalle del presidente della Camera, ma è stato immediatamente circondato dagli uomini della sicurezza e portato all’esterno della strutture fieristica che ospita il congresso.

Il tutto è durato qualche secondo. “Nessun problema – ha detto Fini dal palco -. Se voleva manifestare il suo affetto non ci sono problemi, se voleva invece manifestare dissenso, non ci fa paura. Chiedo solo agli addetti alla sicurezza di non maltrattarlo più di tanto”.

Gianfranco Fini – nella riunione convocata sabato sera – si era trovato di fronte alla dura opposizione di alcuni dei senatori capitanati da Pasquale Viespoli e da Adolfo Urso, entrambi contrari al ticket Bocchino coordinatore unico e Menia capogruppo alla Camera. Diverse fonti avevano riportato che sia Viespoli che Urso avrebbero minacciato uno strappo, così come la componente dei cosiddetti “falchi” avrebbe minacciato la conta interna e la richiesta di far pronunciare l’assemblea. Ipotesi, questa, che sarebbe stata contrastata da Andrea Ronchi, segretario del congresso.