ROMA – Il ministro della Cultura Dario Franceschini ha ricostituito la commissione che definisce condizioni e valore delle opere d’arte che un cittadino può dare al Fisco in cambio dell’annullamento della cartella esattoriale. Si tratta di una compensazione, informa Maria Corbi sulla Stampa di Torino, che esiste da più di 30 anni (legge 512 del 1982), ma che è stata utilizzata raramente.
A quanto pare è stato il Fisco stesso a non accettare tutto quello che i contribuenti intendevano rifilare allo Stato. Nel 2010 solo 1 opera su 4.
La logica, spiega Maria Corbi, è:
“Visto che sempre più italiani le tasse non le pagano perché i soldi non ce li hanno, meglio un baratto che interminabili cause e procedure di pignoramento. In fondo vale il vecchio detto: meglio un dipinto oggi che un assegno domani. Si possono quindi pagare imposte dirette e quelle di successione privandosi di dipinti, sculture, reperti archeologici, collezioni archivistiche e librarie, terreni e immobili di pregio.
“Un atto necessario, dicono al ministero, per dare ai contribuenti la possibilità di onorare le imposte dirette e le imposte di successione cedendo allo Stato beni culturali vincolati e non vincolati. «In questo modo – ha dichiarato Franceschini – lo Stato adempie ad un duplice obiettivo: da un lato, in un momento di crisi, consente ai cittadini di assolvere ai propri obblighi fiscali tramite la cessione di opere d’arte, dall’altro, torna ad acquisire patrimonio storico e artistico». La commissione non era stata rinnovata (ultima riunione nel 2010), sebbene, spiega Franceschini, «l’esperienza di altri paesi europei, l’Inghilterra prima fra tutti, ne dimostri le grandi potenzialità».
La domanda non richiede particolari formalità e può essere presentata sia agli uffici periferici del Ministero, nel territorio di residenza, sia all’Agenzia delle entrate. Il valore dei beni culturali offerti in pagamento è stabilito con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita l’apposita commissione, appena ricostituita.formata da tre membri del Mibact – Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e da tre rappresentanti del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Certo la trattativa non sempre va a buon fine. Fino ad oggi quasi mai. Nel 2010 sono state esaminate: 4 sculture in bronzo di Walter Pugni; un olio su tela di Nicolas Lancret; una pittura su tela di Alberto Burri; un’area di interesse archeologico in Palestrina; la collezione archeologica Macrì di Locri; l’archivio Alliata di Palermo; Villa Junia a Sanremo.
Solo il quadro di Alberto Burri, “Bianco e Nero”, stimato circa 100.000 euro, è stato ritenuto interessante dalla commissione ed è stato oggetto di scambio e acquisito alla Galleria Nazionale dell’Umbria, dove è attualmente esposto. Anni prima era stato lo stesso Burri a chiedere al Fisco di mettere una pietra sopra un debito di un miliardo di vecchie lire in cambio di dieci opere e il Fisco aveva accettato”.
Sembra più una trovata per andare sui giornali che un’idea seria, visti i precedenti e visto le cause e i processi che possono seguire a ogni baratto e visto anche che lo Stato italiano possiede già troppe opere d’arte. A Roma, quando scavando si imbattono in qualche meraviglia sepolta, non sapendo cosa farne preferiscono riseppellire il tutto.
A approvare Dario Franceschini con un entusiasmo, degno di miglior causa, per il geniale ministro senza però rinunciare a mettere in guardia contro i bidoni si è alzato Vittorio Sgarbi, con un articolo sul Giornale, in cui fa impallidire i menestrelli alla corte di Provenza:
“Finalmente! Ho sempre pensato che Dario Franceschini fosse un buon ministro dei Beni culturali. Egli occupa il mio posto, e lo fa non come un improvvisato spaesato (come molti ministri furono), né come un tecnico (che non è). È un uomo sensibile, appassionato, di famiglia colta, curioso di letteratura e fine scrittore; è convinto che l’arte sia il bene più alto di qualunque civiltà e la inevitabile salvezza dell’Italia.
Fin dal primo giorno ha detto che il suo è il primo ministero economico della nazione; e ha dato prova di credere a quello che ha detto, favorendo il mecenatismo privato, le detrazioni fiscali per i donatori e, ancora in fieri, la modernizzazione dei musei. Io gli ho suggerito uno dei nodi cruciali della sua riforma, di cui vado orgoglioso: riunificare Soprintendenze ai beni architettonici e Soprintendenze ai beni artistici in una Soprintendenza ai monumenti.
Ora, alla sua riforma aggiunge la possibilità di pagare le tasse con donazioni d’arte. Qualcuno potrebbe pensare a una furberia. Ma l’unico modo per contrastare i furbi è una competenza.
[…]
L’unico rischio potrebbe essere in una valutazione sbagliata. Ed è per questo che il ministro deve dotarsi di una commissione di esperti, liberi e competenti (non come quelli che hanno indotto il ministro Bondi all’acquisto di uno pseudo Michelangelo o come quelli che hanno giudicato intrasportabili i Bronzi di Riace!), che sappiano apprezzare anche il valore di ciò che è meno conosciuto ma non meno prezioso; o anche l’interesse generale di una collezione nella sua unità.
[…]
Non solo quindi la proposta di Franceschini è condivisibile, ma mai come ora i tempi furono favorevoli. E potenziare i bei palazzi italiani di opere d’arte è certamente meglio che costruire orripilanti edifici che gridano vendetta, lasciando spendere i soldi delle tasse a incompetenti incapaci e ladri. Avanti, dunque, Franceschini, senza lasciarsi intimidire e senza lasciarsi ingannare”.