Pensioni d’oro “impostura semantica”. Franco Abruzzo: frutto di contributi
Quella delle pensioni d’oro e dei pensionati d’oro, afferma Franco Abruzzo, è
“un’impostura semantica odiosa inventata dai mass media, cioè dalla nostra stessa categoria, perché tenta di far passare per ladri e affamatori del popolo uno sparuto gruppetto di onesti cittadini che si limitano a riscuotere ogni mese i frutti dei loro sudatissimi contributi, versati per anni e anni ai rispettivi istituti di previdenza”.
Franco Abruzzo è presidente della Unpit (Unione nazionale pensionati per l’Italia), e, scrive Stefano Lorenzetto, che lo ha intervistato per il Giornale,
“ha subito potuto toccare con mano l’odio sociale che circonda l’aureo ceto cui, a torto o a ragione, appartiene: «La settimana scorsa il mio sito è stato bloccato per tre volte dagli hacker. Ormai accade un giorno sì e uno no. A Capodanno una mail fasulla ha fatto credere ai 73.150 iscritti della mia mailing list che mi trovassi in vacanza negli Emirati arabi uniti e che fossi stato derubato di passaporto e carte di credito. I pirati informatici chiedevano l’invio tramite Western Union di soldi che mi sarebbero serviti per pagarmi l’hotel.In realtà non mi ero mai mosso dalla mia casa di Sesto San Giovanni».
Per fermare la caccia all’untore, l’Unpit ha lanciato una petizione sul Web in difesa delle pensioni d’oro scaturite da contributi di platino. In pochi giorni sono state raccolte oltre un migliaio di firme.
«Di più non servono: a Giuseppe Garibaldi bastarono i Mille per fare l’Italia. Sono nato nelle terre bagnate dal sangue dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera e cresciuto ascoltando i racconti dei reduci della Grande guerra. Alle elementari avevo per compagno di banco un profugo istriano, Enzo, la cui famiglia era fuggita da Pola. Un giorno andammo in gita scolastica a Paola e lui, vedendo il mare, scoppiò a piangere: credeva che fosse il suo Adriatico. Ecco, la mia coscienza nazionale nacque quel giorno. Non prenderei mai le difese di un italiano contro un altro italiano».
Stefano Lorenzetto ha chiesto a Franco Abruzzo: Ha gli incubi?
«Certo. Di notte, nel sonno, mi vedo come un clochard, con la barba lunga, mentre giro per le vie di Atene».
Non starà esagerando?
«Non direi. Un alto funzionario greco, che riscuoteva 4.700 euro di pensione al mese, ora ne percepisce 1.200. Oltre ai tagli già introdotti dagli ultimi governi, alle Camere giacciono sei proposte di legge e sette mozioni per falcidiare le pensioni. Esclusa Forza Italia,non c’è partito che non punti a ridurci in bolletta».
Come si spiega tanto accanimento?
«I pensionati sono diventati il Bancomat del governo. A partire dal 2008, i politici hanno applicato la battuta di Ettore Petrolini: “A chi le tasse? Ai poveri, che sono tanti”. A chi succhiare quattrini per ripianare il deficit statale? Ai pensionati, che sono tanti: 16,8 milioni. Con l’aggravante che vivono per conto loro, isolati. Non esiste la fabbrica dei pensionati. Non hanno rappresentanza. Puoi rapinarli: tanto, sono disarmati».
E lei ha deciso di difenderli.
«Non solo io.Nell’Unpit ci sono prefetti, magistrati, medici, manager, avvocati, ufficiali delle forze armate, alti dirigenti dello Stato. E giornalisti, ovviamente».
Se ci sono i giudici, vittoria garantita.
«Fra i soci abbiamo un ex procuratore generale della Cassazione e un ex presidente della Corte dei conti, che prende una pensione calcolata solo su 40 anni pur avendo lavorato per 55, perché il metodo retributivo stabilisce così».
Ma quanti sono i pensionati d’oro?
«Pochissimi: 38.000. Mia moglie, vicentina della Valdastico, ha commentato con il buonsenso tipico dei veneti: “Non sapevo di aver sposato un ricco”. Quel complemento di specificazione, “d’oro”,va cancellato.Siamo pensionati e basta. Vogliamo fare il mio caso?».
Facciamolo.
«Ho versato per 40 anni contributi che ammontavano al 30-33% dello stipendio lordo. In busta paga negli ultimi tempi ricevevo 9,7 milioni di lire netti per 13,5 mensilità, perciò il mio stipendio lordo era di 230 milioni di lire l’anno,senza contare gli oneri aziendali. Ogni anno lasciavo nelle casse dell’Inpgi, l’Istituto nazionale previdenza giornalisti italiani che oggi mi eroga la pensione, oltre 5 milioni di lire al mese. Non bastano?».
Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, pensa di no.
«Grazie alla nostra rivolta, la Meloni ha perso. Voleva abolire i trattamenti superiori di 10 volte al minimo dell’Inps, quindi 5.000 euro lordi, cioè 3.200 netti al mese. Un disegno di legge demenziale e demagogico che è stato bocciato perfino dalla sinistra. Ma dove ha studiato?”