Fuga di cervelli: la Camera dice sì alle agevolazioni per il ritorno dei lavoratori in Italia

Pubblicato il 25 Maggio 2010 - 18:51 OLTRE 6 MESI FA

La Camera vota sì alla proposta di legge bipartisan che prevede incentivi fiscali per il rientro in Italia dei lavoratori, contrastando la cosiddetta fuga dei cervelli. Il testo è stato presentato da deputati di maggioranza e di opposizione ed è stato approvato con 485 sì e solo cinque astenuti.

Destinatari degli incentivi e delle agevolazioni fiscali previste fino al 31 dicembre 2013 sono i cittadini dell’Unione europea che hanno maturato esperienze all’estero che rientrano in Italia per svolgere attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o d’impresa.

Oltre alle misure fiscali, il provvedimento introduce anche alcune semplificazioni di natura procedurale e burocratica al fine di agevolare il rientro dei lavoratori.

Possono ottenere i crediti fiscali i cittadini dell’Unione europea nati dopo il 1969 che siano laureati, abbiano risieduto in via continuativa per almeno 24 mesi in Italia e che abbiano avuto continuativamente negli ultimi 24 mesi un contratto di lavoro dipendente in un Paese diverso dall’Italia.

I benefici spettano anche ai cittadini che abbiano risieduto in via continuativa per almeno due anni in Italia e abbiano svolto continuativamente negli due anni un’attività di studio in un Paese straniero conseguendo una laurea o un master.

I crediti vengono assegnati a condizione che i lavoratori vengano assunti o decidano di esercitare un’attività d’impresa o di lavoro autonomo in Italia e trasferiscano nel Paese il proprio domicilio, confermando la residenza, in Italia entro tre mesi dall’assunzione o dall’avvio dell’attività.

Il beneficio consisterà in una detassazione parziale del reddito imponibile. La base imponibile per la determinazione delle imposte sui redditi è ridotta al 20 o al 30 per cento. In particolare, la detassazione è fissata in misura pari al 70 per cento, ed è elevata all’80 per cento con riferimento alle lavoratrici impiegate nel territorio nazionale.

Sono esclusi i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni e delle imprese italiane che svolgono l’attività all’estero.

Il lavoratore perde il diritto di usufruire del credito d’imposta se entro 5 anni dalla prima fruizione del beneficio trasferisce la residenza o il domicilio fuori dall’Italia. La decadenza sarà retroattiva: le agevolazioni verranno recuperate dal fisco con l’aggiunta di sanzioni ed interessi.

Ora la proposta passerà all’esame del Senato.