Amato, lettera a La Stampa: “Non posso più ridurmi la pensione”

Pubblicato il 12 Dicembre 2011 - 14:23 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – E’ stato presidente del Consiglio, è stato ministro del Tesoro: ora che è solo un privato cittadino, Giuliano Amato non può fare niente per ridursi la pensione. Non può più intervenire sulle pensioni, né sulla sua né su quelle degli altri. Con queste motivazioni Amato ha “giustificato” la propria “pensione d’oro” in una lettera pubblicata su La Stampa.

Amato era stato citato in un articolo di Paolo Baroni, pubblicato sempre su La Stampa, in cui compariva un elenco di “pensionati di lusso”. Giuliano Amato, c’era scritto, “cumula 22.048 euro mese dall’Inpdap coi 9.363 che gli da il Parlamento”.

Amato ha risposto inviando una lettera, che il quotidiano torinese ha pubblicato, in cui spiega che non ha più alcun potere di intervento sulle pensioni, e che dunque non può più ridursi la propria.

Questo è il testo integrale della lettera:

Caro Direttore,

In relazione all’articolo sulle pensioni d’oro apparso ieri sul Suo giornale, mi permetta di precisare quanto segue. Quando, nella trasmissione Otto e Mezzo, mi venne chiesto da Lilli Gruber come rispondevo a chi mi chiedeva di ridurmi la pensione (che al netto comunque è la metà del lordo, il che non sempre è reso chiaro da chi ne scrive), risposi che non capivo la domanda, non per tracotanza, ma per la semplice e banale ragione che sono ormai un privato cittadino e non ho quindi alcun potere né sulla mia, né su altre pensioni. Ma avevo appena ricordato che quando ero stato Presidente del Consiglio, ero stato il primo a introdurre il blocco dell’adeguamento all’inflazione e il contributo di solidarietà a carico delle (sole) pensioni elevate, a partire dalla mia, e che ne condividevo l’ulteriore introduzione, che infatti c’è stata. En passant, avevo anche chiarito che, disponendo della pensione, non avevo voluto gli emolumenti di Presidente del Consiglio e di Ministro del Tesoro, né usufruisco e ho mai usufruito di quelli previsti per il Presidente della Treccani. Forse, nell’effigiarmi attraverso la citazione di ciò che dissi in quella trasmissione, anche questo doveva essere ricordato. Cordiali saluti.