Giuseppe Conte il discorso del tavolino: “Io ci sono e ci sarò”. Per Draghi una promessa e una minaccia

di Lucio Fero
Pubblicato il 5 Febbraio 2021 - 10:11 OLTRE 6 MESI FA
Giuseppe Conte: "Io ci sono e ci sarò". Per Draghi una promessa e una minaccia

Giuseppe Conte: “Io ci sono e ci sarò”. Per Draghi una promessa e una minaccia (Foto Ansa)

Giuseppe Conte e il discorso del tavolino, tavolino in piazza, davanti al palazzo del governo. Annuncio primo: “Non sono ostacolo”. Annuncio secondo: “Ci sono e ci sarò”. Dunque presa d’atto che non c’è spazio per tifare in silenzio sulla non nascita del governo Draghi.

E comunicazione pubblica della nascita contemporanea di una nuova attività di Giuseppe Conte: quella di capo politico. Avvocato, avvocato del popolo, premier per caso, premier per davvero, premier del governo dei due populismi, premier del governo europeista e anti sovranista, evocatore della resurrezione del centro moderato, candidato premier in pectore dell’alleanza Pd-M5S-Leu e ora guida politica di questa alleanza (con benedizione di Zingaretti). Sono molteplici e in veloce successione le carriere e i ruoli di Giuseppe Conte.

Conte e il tavolino: ma Draghi che c’entra?

Sì, va bene, Conte. Ma Draghi che c’entra? Cosa toglie o aggiunge il Conte discorso del tavolino alla formazione e alla vita del governo Draghi? I più dei giornali e tv raccontano che Conte collabora e aiuta Draghi e il suo governo. Collaborazione sì, ma obbligata e a denti stretti. Poteva Conte mettersi pubblicamente a capo della sollevazione anti elite e Bce, poteva mettersi a fare il Di Battista appena sceso dalla sedia di capo del governo?

Sarebbe stata una reincarnazione di troppo sia pure nella molteplicità disinvolta delle figure incarnate da Conte. A Palazzo Chigi più per stizza che per ragionamento per qualche ora hanno sognato: Draghi non ce la fa, Mattarella non scioglie le Camere, richiama Conte e lo rimanda alle Camere. Un sogno fuori da ogni principio di realtà. E allora Conte che va a dire: non sono un ostacolo. Se sente il bisogno di dirlo vuol dire che era possibile lui facesse ostacolo.

Governo politico

Subito dopo Conte aggiunge l’unica difficoltà possibile per Draghi, quella difficoltà la fa sua: “auspico un governo politico”. Politico, che vuol dire un governo politico? Lo stesso aggettivo viene usato in combinata da Conte, Zingaretti e Di Maio. Vuol dire un governo che faccia la faccia feroce a Salvini.

E questo non è esattamente quanto detto da Mattarella nel mandato a Draghi e non è esattamente un regalo a Draghi che ha avuto mandato per “governo di alto profilo” non identificabile con alcuno schieramento politico. Conte dunque si mette a capo dei limitatori di Draghi, Conte già si racconta che Draghi è una parentesi dopo Conte e che dopo Draghi torna Conte.

Non proprio una gran collaborazione. Zingaretti segue: farebbe qualunque cosa per fondere in un luminoso futuro (progressista?) Pd e M5S, Conte gli promette di portargli in dote M5S o quel che ne resterà, quindi Zingaretti giura che non avrà altro premier che Conte. Un Conte che, quando sarà, dovrebbe dunque, nella sofisticata quanto irreale tela immaginata dal duo Zingaretti-Bettini, vestire la sua ennesima reincarnazione: quella, niente meno, che di leader riformista.

Salvini smart oltre che pop

Salvini che in questa fase sta mostrando un lato smart oltre che il solito profilo pop non fa la guerra a Draghi (per questo c’è la Meloni). Berlusconi ha detto sì al governo Draghi, Salvini dice che potrebbe farlo, dire sì anche lui. A condizione che non sia il governo Conte tre presieduto da da Draghi. Che è esattamente quel che Conte e Zingaretti chiedono a Draghi di fare, altrimenti M5S non ci sta, o meglio non ce la fa a starci. Tocca a Draghi convincere e/o costringere. Ne ha la forza, guarda un po’, politica.

Fonte: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev