Giustizia. Brunetta contro i magistrati, interviene anche Alfano: “Esagerata la reazione Anm”

Pubblicato il 29 Settembre 2009 - 18:56 OLTRE 6 MESI FA

La querelle governo-magistrati si riaccende, questa volta ad innescare la polemica è stato il ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Il ministro attacca, l’Anm si difende, Mancino del Csm tenta di smorzare i toni ma il Guardasigilli Alfano incalza.

«I giudici si sono montati la testa», ha attaccato lunedì sera il ministro della Funzione Pubblica. Per abolire i problemi della giustizia bisognerebbe abbattere il «mostro, il sindacato delle toghe»: l’Associazione nazionale magistrati, le cui correnti si riproducono nel Csm: bisogna tagliare questa cinghia di trasmissione». Nel mirino di Brunetta c’è il rapporto innaturale tra Anm e Csm: «L’Anm  ha un altissimo tasso di sindacalizzazione e con tutte le sue correnti si riproduce nel Csm. Qui si forma il mostro, che in maniera autoreferenziale decide dei problemi economici, disciplinari e di autonomia sacrosanta della magistratura, che però è determinata in via sindacale. Ci vuole una correlazione molto più blanda, bisogna tagliare questo cordone, il risultato sarebbe maggiore trasparenza, disciplina ed efficienza e minore correntismo e autoreferenzialità».

Dal canto suo l’associazione magistrati non incassa volentieri un simile colpo e, attraverso le parole del presidente Luca Palamara, replica: «Brunetta non sa di cosa parla. Ma se è stato proprio il governo, l’anno scorso, a tagliare drasticamente gli organici del personale degli uffici giudiziari. E sempre il governo ha chiesto ai magistrati di non fissare udienze pomeridiane per l’impossibilità di assicurare lo straordinario al personale di cancelleria. Le leggi che sembrano fatte al solo scopo di impedire la celebrazione dei processi sono un’ulteriore causa della crisi gravissima del sistema giudiziario».

A prendere posizione – nel tentativo di richiamare al buon uso delle parole – dopo l’affondo del ministro è stato anche Nicola Mancino, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, chiamato in causa nella “requisitoria” di Brunetta: «La veemenza e la violenza anche verbale non facilitano il confronto costruttivo che sempre deve caratterizzare il rapporto fra le istituzioni.  È interesse comune che il rapporto fra politica e giustizia si svolga sul binario del dialogo e non della contrapposizione preconcetta. Le affermazioni sopra le righe possono solo ridurre ulteriormente il prestigio dello Stato, bene che va difeso soprattutto quando si hanno responsabilità politiche ed istituzionali».

Nella diatriba arriva in volata anche l’intervento del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che invita a smorzare i toni, ma punta il dito contro la dura reazione dell’Anm al “j’accuse” di Brunetta: «La reazione dell’Anm al ministro Brunetta mi è sembrata esageratamente forte. Soprattutto laddove fa riferimento a leggi che bloccano i processi. Abbiamo fatto leggi come la riforma del processo civile, leggi antimafia che hanno avuto largo consenso di opinione pubblica, forte consenso del Parlamento e largo consenso dell’Anm».