Giustizia, Fini: “Grave assoggettare i pm al governo”

Pubblicato il 29 Ottobre 2010 - 11:39 OLTRE 6 MESI FA

“Sarebbe grave tornare alla soggezione dei pubblico ministero all’Esecutivo, com’era nel fascismo”. E’ l’allarme che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, lancia dal palco del Teatro Piccinni di Bari, dove è intervenuto al convegno ”Organizzare la giustizia – il ruolo del nuovo CSM: fra nuove regole da scrivere e vecchi ruoli”.

Secondo il presidente Fini, ”non sarebbe motivo di scandalo – sostiene – separare le carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, ma è una riforma da fare senza rinunciare all’indipendenza della Magistratura. Carriere separate sì – sottolinea – ma senza assoggettamento all’Esecutivo”.

L’attuale composizione del Csm è ”adeguatamente bilanciata”, sostiene il presidente della Camera,  ”Un eccessivo peso ai non togati – sottolinea Fini – esporrebbe l’organo ad una forte dipendenza dal potere politico, con gravi rischi per l’imparzialità dei giudici. Ove codesta riforma fosse attuata si determinerebbe un’alterazione d’equilibrio fra i poteri dello Stato”.

”La netta separazione delle carriere – sostiene il presidente della Camera, Gianfranco Fini – porta con sé quasi inevitabilmente una riforma del Csm che prevede due Csm o, più precisamente, due sezioni specializzate è, probabilmente, la via da percorrere. Ma sul punto – ribadisce – non si possono accogliere quelle proposte che mirano a rendere preponderanti, nella composizione del Csm, i componenti non togati, di nomina politica”.

Il presidente Fini cita la teoria della separazione dei poteri risalente a Montesquieu, e osserva che ”se le ragioni delle modifiche proposte sono giustificate con il clima di tensione che vede contrapposti, da un lato, la magistratura o parti di essa e, dall’altro, frange pur rilevanti del potere politico, simili soluzioni appaiono ancora più rischiose”.

In un clima ”già oggi così poco disteso – continua ancora il presidente della Camera – le interferenze tra potere politico e funzione giurisdizionale sarebbero destinate a intensificarsi e ciò porterebbe inevitabilmente al determinarsi di una spirale di intrecci e cortocircuiti fra politica e giustizia sempre più forti e pericolosi, in particolare per la credibilità per le nostre istituzioni”.