Giustizia, il Pdl accellera sulla giustizia, il dialogo finisce prima di cominciare

Pubblicato il 11 Gennaio 2010 - 20:25 OLTRE 6 MESI FA

Pierluigi Bersani

Il dialogo sulle riforme sembra essere finito ancora prima di cominciare. Il Pdl, infatti, va come un treno in direzione di un ripensamento radicale del sistema giustizia ma il Pd non ci sta e per bocca del suo segretario, Pierluigi Bersani, parla di riforme “a rischio”.

Lo scontro tra maggioranza e opposizione matura al termine del giorno del ritorno di Silvio Berlusconi a un mese di distanza dall’aggressione subita in Piazza Duomo a Milano. Il presidente del Consiglio ha convocato un vertice del Pdl a Palazzo Grazioli, un incontro da cui è uscita, netta, la volontà del partito di maggioranza di accelerare sulla giustizia.

A gelare il clima politico, subito dopo la fine del vertice, sono state le parole del ministro della giustizia  Angelino Alfano: «Abbiamo deciso di andare avanti sulla riforma della giustizia. Partiranno immediatamente degli incontri all’interno della coalizione per definire un testo di riforma costituzionale della giustizia, la grande riforma del settore». Con buona pace di chi, Bersani in testa, dopo i primi timidi segnali di disponibilità, sperava in un confronto su basi diverse.

Il segretario democratico, quindi, risponde con durezza: «Sarebbe questa la prima mossa del “partito dell’amore? Andando avanti a testa bassa sui suoi provvedimenti il governo sa bene che mette a repentaglio una discussione di sistema sulle riforme istituzionali, ivi compreso il rapporto tra Parlamento e magistratura».  Bersani è amareggiato: «Non bastano i giochi di parole o le finte benevolenze verso l’opposizione a nascondere la realtà dei fatti. La nostra disponibilità è quella dichiarata più volte: si sospendano i provvedimenti che governo e maggioranza hanno annunciato e si discuta subito dell’ammodernamento del nostro sistema».

Ma è tutto il Pd a bocciare, nel merito e nel metodo la nuova accelerazione del governo. Anna Finocchiaro accusa il governo di «esagerare»: «Viene annunciato – sottolinea la presidente dei senatori democratici – un emendamento ( o un maxi-emendamento?) della maggioranza sul processo breve, provvedimento sul quale siamo sin dall’inizio contrari, di cui ancora non è disponibile il testo, ma la maggioranza ha già deciso che tutto verrà approvato in tempi brevissimi. Alla faccia del dibattito parlamentare! Ancora una volta la maggioranza usa il Parlamento come luogo di ratifica di decisioni altrove assunte».

La maggioranza, però non fa una piega e ha dato il via libera al maxi-emendamento a firma del senatore Valentino per la modifica del provvedimento sul processo breve. In pratica, il disegno di legge sul processo breve deve valere da subito anche per i processi in corso di primo grado ma non per tutti: solo per quello puniti con meno di 10 anni di pena e relativi a reati coperti da indulto, vale a dire commessi fino al 2 maggio 2006. Il giudice – è scritto nelle modifiche alle disposizioni transitorie – dovrà dichiarare estinto il processo se sono trascorsi più di due anni dal momento in cui il pm ha chiesto il rinvio a giudizio senza che si sia arrivati a una sentenza di primo grado, oppure 2 anni e 3 mesi nei casi di nuove contestazioni.

Dopo il processo breve, la maggioranza punterà spedita sul legittimo impedimento e il lodo Ter (una riformulazione costituzionale del Lodo Alfano). Eppure una soluzione potenzialmente condivisa ci sarebbe: reintrodurre, in modo riveduto e corretto l’immunità parlamentare. Ma a Berlusconi questa strada, e quindi il dialogo, sembra non interessare granchè.