“E ora godetevi il comunismo”: la resa dei conti Pdl-Lega

Pubblicato il 30 Maggio 2011 - 21:56| Aggiornato il 31 Maggio 2011 OLTRE 6 MESI FA

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ROMA – Il primo a vedere la malaparata è stato il quotidiano Libero. Non appena le agenzie e le tv hanno battuto le prime agenzie con le intenzioni di voto sulla homepage del sito web è apparso un titolo sarcastico: “E ora godetevi il comunismo”. Un pizzico di fantasia anche nel momento del disastro. Radio Padania  ha completato il quadro con la colonna sonora: l’Internazionale socialista. Dei canti dei muezzin, al momento, ancora nessuna notizia.

Dalla comparsa del titolo su Libero, per il centrodestra,  la situazione è rapidamente peggiorata prendendo le dimensioni di una disfatta. La sintesi più efficace l’ha offerta il ministro Roberto Maroni: “E’ stata una sberla”. Punta dell’iceberg del malcontento leghista: mentre il Pdl si lecca le ferite, infatti, le camice verdi affondano e girano il dito nella piaga. Quello che si cerca è il colpevole e per trovarlo, agli occhi della Lega, non ci vuole un microscopio ottico.

Matteo Salvini, quello che il Carroccio voleva vicesindaco, nella mattinata aveva spiegato a Repubblica: ”Se si perde a Milano dopo che qualcuno aveva invocato un referendum su se stesso, mi aspetto che parta una riflessione. Ma in casa Pdl. Sono e restano il primo partito della coalizione”.  Quel qualcuno è Silvio Berlusconi e dopo che la sconfitta è arrivata lo stesso Salvini spiega a modo suo chi ha perso davvero: ”Cinque anni fa la Moratti vinse e il Pdl aveva 245.000 voti e la Lega 22.000. Oggi la Moratti perde e il Pdl ha 170 mila voti, la Lega 57 mila: qualcuno in questi anni di amministrazione ha perso 75 mila voti, mentre la Lega ne ha guadagnati 35 mila”. Poi Salvini precisa che si “perde tutti insieme”. Spiegazione che arriva solo dopo quei voti in meno del Pdl impietosamente dati in pasto alla stampa.

Berlusconi, provvidenzialmente all’estero, prima ammette la sconfitta, quindi precisa subito di aver parlato con Bossi: “Andiamo avanti” la sintesi della conversazione. Forse. Ammettiamo senza dubbio la buona fede di entrambi. Il problema, però, è un altro. Bossi vorrà anche andare avanti ma il partito sembra tutt’altro che compatto nella stessa direzione. Di Salvini si è detto. Anche Maroni, dopo la sberla, ha subito ribadito il suo “no ad alleanze strane”. Restano però un po’ di fratture da risanare: quella tra Umberto Bossi e Ignazio La Russa è solo l’ultima. Non avevano ancora perso e già litigavano sul presunto scarso impegno dell’altro: un modo di “perdere insieme” quantomeno particolare.

foto Lapresse

Infine c’è la questione “ministeri” a Milano. Il primo fatto è che i milanesi, per fortuna, non l’hanno presa granché sul serio. Ma la questione politica  resta. La Lega si è spinta oltre, ne ha fatto un obiettivo reale: come se, ottenuto il federalismo, ci fosse bisogno di spostare un po’ più in là l’asticella delle pretese. Roberto Calderoli, con la sparata (smentita) sul Quirinale l’ha fatto capire chiaramente: sui ministeri a Milano non si torna indietro. E allora? Per ora è solo una sensazione, niente di più. I ministeri possono essere la buccia di banana, l’arma dello sgambetto a Berlusconi nel caso in cui la convivenza dovesse diventare insopportabile. La Lega è un alleato “leale” ma non pronto “ad affondare insieme al Pdl”. Gli uomini del post berlusconismo, sulla carta, ci sono a cominciare da Giulio Tremonti.  E poi c’è quella vocina, per ora esile, che inizia a sussurrare la parola “primarie” anche nel Pdl.