Forche caudine o grandi manovre? Berlusconi non vuole Fini, Bossi non vuole Casini, l’Udc vuole la crisi

Pubblicato il 12 Luglio 2010 - 08:59 OLTRE 6 MESI FA

Bossi, Fini, Berlusconi e Casini: uno è di troppo

Per Silvio Berlusconi la situazione non è delle più semplici. Da un lato, ed è storia vecchia, ci sono le resistenze dei finiani, pronti a sottolineare con un distinguo ogni decisione dell’esecutivo cara al premier. Dall’altro c’è da sciogliere il nodo Casini – Lega. E lo può fare, trattando, solo Berlusconi. Di fatto c’è che non appena il Carroccio ha sentito “odore” di Udc si è messo di traverso. E questo vuol dire che la trattativa tra il premier e Casini c’è ed è anche ben avviata.

Casini, subito dopo la cena a casa Vespa, ha provato a negare, dicendo che Berlusconi non gli aveva fatto nessuna offerta. Almeno non ancora. Non gli hanno creduto in tanti e certamente non gli ha creduto Bossi che dalle colonne della Padania ha subito gridato al “vero nemico”. Ma il concetto di nemico, in politica, è più che mai fluttuante. Lunedì mattina, per esempio, secondo il quotidiano Il Giornale il nemico è Fini, sia per Casini, sia per il premier.

In ogni caso, il leader dell’Udc non appena ha percepito la possibiltà di tornare al governo si è subito messo in moto. L’opposizione, tanto orgogliosamente sbandierata in questi mesi, non rientra nel suo codice genetico. Eppure c’è un problema: sul piatto Casini ha messo la crisi e il famoso “esecutivo di grandi intese”. Detto in parole povere, per una questione di credibilità davanti ai suoi elettori, il leader dell’Udc pretende che si passi per la sfiducia all’attuale governo, e non si accontenta di un semplice rimpasto. Dopo è possibile tutto nel nome delle “grandi intese”: se poi non saranno così grandi da includere anche Fini, Casini se ne farà una ragione.

Per il leader dell’Udc, una volta messo da parte l’attuale governo va bene anche la leadership di Berlusconi visto che “ha vinto le elezioni” e di conseguenza, sul suo nome ” non è possibile avanzare veti”. Difficile, però, che Berlusconi prenda atto della “crisi in atto” come chiede Casini: il suo obiettivo è quello di rafforzare il governo, non di farne uno nuovo.

In tutto questo c’è la “grana” Lega. Per Bossi & Co. l’Udc è l’emblema del “centralismo romanocentrico”. Casini è l’unico che ha votato contro il Federalismo, un provvedimento accolto persino da Di Pietro. E Bossi, quindi, non vede di buon occhio l’ingresso dell’Udc anche perché potrebbe rappresentare un ridimensionamento del potere di Tremonti. Casini li ha liquidati così: “Insorgono per un nulla. Ammesso e non concesso che ci siano state offerte all’Udc, cosa che comunque non era possibile in quella cena, appare chiaro a tutti gli italiani che il nostro partito non ha alcuna intenzione di entrare nella maggioranza. Consiglio quindi a tutti gli amici, a destra e a sinistra, di evitare colpi di sole. Ma ciò che più mi meraviglia è che tra gli agitati ci sia soprattutto Tremonti: non vedo perché debba esserlo”. Il ministro dell’Economia, invece, lo vede benissimo.

La sensazione è che in qualche modo, alla fine, Casini entrerà nel Governo formalizzando a quel punto la marginalità dei finiani, che restino  vadano da soli. Sostanzialmente è “solo” un problema di prezzo.  Per Berlusconi, nonostante i numeri, la situazione non è delle più agevoli.