Ilva, governo farà ricorso alla Consulta. La politica industriale la fa un gip?

Pubblicato il 13 Agosto 2012 - 11:00 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Caso Ilva: il governo Monti farà ricorso alla Corte Costituzionale per contestare i provvedimenti della magistratura che rischiano di portare alla chiusura degli impianti dell’Ilva di Taranto. Lo ha detto al Gr1 il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà. La conferma dal Guadasigilli in una nota del ministro Severino: “Ho dato disposizione affinché gli uffici del ministero della Giustizia acquisiscano stamane i due provvedimenti con i quali il gip di Taranto, Patrizia Todisco, ha ribadito il sequestro degli impianti dell’Ilva e ha revocato la nomina di Bruno Ferrante dall’incarico di curatore dello stabilimento”.

Continua la guerra tra poteri e nei poteri innescata dal gip di Taranto Patrizia Todisco che dopo aver avviato sequestro e processo di chiusura degli impianti, proceduto all’arresto dei vertici dell’Ilva, ha ribaltato il verdetto più conciliante del Tribunale del Riesame che confermava il sequestro ma non la chiusura. Il Gip ha insistito con un’ordinanza che mentre solleva dall’incarico il Commissario Bruno Ferrante nominato dal Riesame (al suo posto barbara Valenzano) ribadisce che persiste “una grave e attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria nel territorio”. Si potrebbe obiettare che se è vero che il problema esiste e pregiudica il diritto alla salute, l’emergenza dura almeno dal 1959, da quando cioè hanno iniziato a sedimentarsi le polveri nocive. Il Governo ha infine deciso che la misura è colma e dopo che Monti ha inviato tre ministri in loco si è risolto a fare ricorso alla Consulta per impugnare le ordinanze dell’inflessibile giudice. Intanto il ministro Corrado Clini scrive su Twitter: ”E’ in corso la terapia per salvare Taranto malata d’ambiente. L’eutanasia non può essere una cura. Devono essere bene chiare le competenze e le attribuzioni dei compito. Ognuno deve fare il suo lavoro”. E il 14 agosto il ministro riferirà alla Camera sul caso Ilva.

Contestualmente alla scontata impugnazione dal parte dell’azienda ( Bruno Ferrante ha ribadito oggi che l’azienda farà ricorsi ”in tutte le istanze” contro i provvedimenti del gip) e della conferma della minaccia di bloccare gli altri impianti, inevitabilmente coinvolti nella filiera, a Genova Cornigliano e a Novi Ligure. Situazione complicatissima, quindi, con la “paladina” di ambientalisti e tarantini sensibili al tema in verità stavolta lasciata sola nella battaglia che qualcuno etichetta come “personale” e che comunque, attraverso l’ultima drastica presa di posizione, è vista come colei che ha rotto unilateralmente quella difficile e precaria “pax tarantina” faticosamente raggiunta. Sono critici i partiti in coro, compreso un imbarazzato Vendola, sono contrari i giornali che, differenza di toni a parte, denunciano l’intollerabile invasione di campo del giudice, la “crociata sulla pelle di 15 mila lavoratori” (Sole 24 Ore), una “politica industriale dettata dalle toghe” (Oscar Giannino sul Messaggero).

Si profila un inedito, imprevisto scontro con la magistratura?  “Partiamo dal presupposto che la tutela della salute e dell’ambiente è un valore fondamentale che anche il governo vuole perseguire e anche dal presupposto che noi rispettiamo le sentenze dei giudici. Però, alcune volte queste sentenze – ha spiegato Catricalà – non sembrano proporzionate rispetto al fine legittimo che vogliono perseguire e quindi noi chiederemo alla Corte Costituzionale di verificare se non sia stato menomato un nostro potere: il potere di fare politica industriale”. Il Governo è impegnato nella difficile operazione di circoscrivere l’incidente rivendicando appunto la sua prerogativa di fare politica industriale.

E se possibile di farlo non nel deserto di impianti chiusi ma nel vivo delle attività proprio perché il processo di messa in sicurezza degli impianti con i relativi onerosi investimenti è già iniziato da un pezzo. “Abbiamo stanziato centinaia di milioni proprio per questo. Questo decreto legge resterebbe privo di qualsiasi valore se l’industria dovesse smettere di lavorare, se il forno si dovesse spegnere. Sarebbe un fatto gravissimo per l’economia nazionale, sarebbe un fatto grave non solo per la Puglia ma per l’intera produzione dell’acciaio in Italia”. Solo in Puglia, l’Ilva rappresenta attualmente tre quarti del Pil della provincia di Brindisi, 100 mila persone sono coinvolti dal provvedimento del Gip, tra stabilimenti e indotto.

Tecnicamente, il Gip ha potuto chiedere nuovamente il blocco della produzione a parte i lavori e le attività necessarie per abbattere il livello di emissioni nocive, perché la sentenza del Tribunale del Riesame (di cui peraltro non ha atteso le motivazioni) confermava l’impianto accusatorio. Nel codice di procedura penale, l’art. 665 stabilisce che in sede di appello “se il provvedimento è stato confermato è competente il giudice di primo grado”. Cioè il Gip Patrizia Todisco che, forte di questa interpretazione, ha avocato a sé l’autorità per chiudere gli impianti, procedendo inoltre a rimuovere il commissario Ferrante.

Manifestazione a Taranto. Mentre Fim e Uilm hanno già fatto sapere che il 14 aprile continuerà lo sciopero contro la chiusura della fabbrica, il 13 agosto un migliaio di persone partecipano per la prima volta a Taranto a una manifestazione voluta dal ‘comitato cittadini e lavoratori liberi pensanti’ che ha come portavoce Cataldo Ranieri, operaio 42enne dell’Ilva e guida carismatica dell’associazione che è riuscita a portare in piazza altri comitati spontanei. Il ‘comizio’ di Ranieri, che ha ricevuto applausi scroscianti, si è aperto nella centrale piazza della Vittoria con un applauso di ringraziamento rivolto al gip Patrizia Todisco che ha deciso di sequestrare le aree a caldo dell’Ilva.

”Abbiamo il dovere di salvare la città e i nostri figli perché noi siamo dei condannati a morte”, ha detto Ranieri che viene acclamato dalla folla. ”Mentre fino a qualche mese fa – ha detto Ranieri- si invitava la magistratura a fare il proprio dovere sull’inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un giudice che ha fatto solo il suo dovere”.

”La gente – sottolinea Ranieri – sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha tradito e non e’ mai intervenuta per fermare l’Ilva che avvelena la città”. Bacchettate non sono mancate al governo che ha deciso di inviare a Taranto il 17 agosto prossimo tre ministri. ”Vengono – dice Ranieri – per tutelare gli interessi dell’Ilva: noi tre ministri li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi intubati in ospedale perche’ ammalati di tumore”. Da qui l’invito di Ranieri ai suoi colleghi operai del siderurgico: ”Non dobbiamo barattare un posto di lavoro con la salute dei nostri figli”.