Imu della discordia. Pd e Pdl distanti 5 miliardi di euro

Pubblicato il 26 Aprile 2013 - 09:18| Aggiornato il 16 Febbraio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Imu della discordia. Pd e Pdl distanti 5 miliardi di euro. A parte la composizione dell’esecutivo (il totoministri impazza), è il tema delle tasse a dividere Pd e Pdl: possiamo misurare la distanza fra le due proposte in 5 miliardi e mezzo di euro. Si confrontano due approcci diversi, che risentono anche della minore e maggiore enfasi posta sull’Imu in campagna elettorale.

La proposta Pdl. Il Pdl si era impegnato a eliminare del tutto l’imposta sulla prima casa e aveva promesso la totale restituzione dell’Imu 2012 ai contribuenti: il primo impegno costa 4 miliardi, altri 4 la restituzione una tantum, cioè 8 miliardi in meno di gettito per i quali, poi, andrebbe trovata una copertura finanziaria.

La proposta Pd prova a ridurre l’entità dell’imposta rendendo esenti dall’Imu le prime case che pagano fino a 500 euro l’anno: il 45% delle famiglie italiane accederebbe all’esenzione mentre benefici sarebbero estesi all’80% delle famiglie. Il costo è di 2,5 miliardi.

Coperture a confronto. Il Pdl, a copertura del minor gettito, pensa a un aumento delle imposte sul tabacco, gli alcolici e i giochi. Il Pd, invece, spera di bilanciare la copertura attraverso la stessa Imu e cioé aumentando le aliquote delle case di lusso.

Scelta Civica, tramite Linda Lanzillotta, predica equità e realismo: l’Imu riveduta e corretta dai suoi stessi promotori si concentra su detrazioni (il doppio per i pensionati e i figli). Il problema delle coperture è lo scoglio più alto, quello sul quale almeno per ora si infrangono le opposte ideologie fiscali. Il 2,9% di rapporto deficit/Pil segnala che il limite è pressoché raggiunto. In agenda, non rinviabili, ci sono già spese per 7/8 miliardi: 1,5 solo per rifinanziare la Cassa in deroga, poi si proverà a scongiurare l’aumento Iva, rinviare  o bloccare la Tares).

Insomma il tetto è stato raggiunto e molte grandi città , sempre a proposito di Imu, saranno costrette all’alternativa secca: aumentare le aliquote Imu o le addizionali Irpef. Sempre tasse sono. L’unica speranza viene da Bruxelles: la trattativa per sforare (come altri grandi paesi, vedi Francia e Spagna) il 3% di Maastricht è inevitabile, ma i margini di manovra sono risicatissimi. Enrico Letta ci ha già provato a mettere in discussione l’austerity e ha già ottenuto una risposta. Il ministro delle finanze tedesco Schauble lo capisce, dice anche che è umano ma “dare la colpa alla Germania è un’autentica sciocchezza”.