Il “calderone Giustizia” si riempie: bavaglio, concussione, corruzione

Pubblicato il 18 Marzo 2012 - 09:26 OLTRE 6 MESI FA

Angelino Alfano (Lapresse)

ROMA – In effetti Berlusconi l’aveva detto chiaramente ad Alfano: “Se loro alzano il tiro sulla corruzione, tu butta sul tavolo le intercettazioni”. Così è stato, con Alfano che ha ributtato nella mischia “l’irrisolta questione del ddl intercettazioni”. “È chiaro – ha sottolineato l’ex Guardasigilli, firmatario del disegno di legge del Pdl in materia – che non possiamo aspettare il prossimo scandalo per intervenire”.

E così quella che il giorno prima era stata sbandierata quasi come un avvertimento da Schifani (“è l’ora di rispolverare il ddl intercettazioni”), è diventata il punto da cui si è partiti per trovare un’intesa anche su tutti gli altri punti del capitolo giustizia. Il provvedimento dovrà essere legge prima dell’estate, in modo da arrivare nell’imminenza della campagna elettorale con un bavaglio nuovo e pronto. Più leggero di quelli minacciati in precedenza, certo, ma comunque un bavaglio, quello classico sulle intercettazioni insomma.

Portata a casa la questione intercettazioni si è poi passati a parlar di corruzione, con l’Italia deve recepire la Convenzione di Strasburgo e dunque il ddl ora alla Camera (sempre a firma Alfano) dovrà essere modificato attraverso due o tre emendamenti che presenterà il governo “e che terranno conto dell’intesa raggiunta”, ha spiegato ieri Bersani. Nel dettaglio, verrà modificato il reato di concussione così com’è scritto oggi nel nostro ordinamento. Nel senso che il concusso, oggi vittima del reato, ne diventa soggetto attivo, quanto meno in relazione alla fattispecie di concussione per induzione. In questo modo Berlusconi si salverà dal processo Ruby.

Verranno poi introdotte due nuove forme di reato: quello della corruzione nel settore privato (in Italia vige solo il reato contro la Pubblica amministrazione) e quello di traffico di influenza illecita. Questa norma stabilisce che chiunque millanta credito presso un pubblico ufficiale e, adducendo di doverne “comprare” il favore, chiede denaro o altro come prezzo per la propria mediazione, è punito con la reclusione da 3 a 7 anni.