È stato lo stesso senatore del Pdl Centaro, a darne notizia ieri in serata e ad annunciare un nuovo testo entro lunedì prossimo. I finiani, ed ovviamente l’opposizione, avevano espresso dubbi sulla norma. «Sto riflettendo su un nuovo testo – ha dichiarato Centaro – che conto di presentare lunedì». «Il reato di registrazione fraudolenta – ragiona un finiano – non riguarderebbe solo i giornalisti ma chiunque registri una propria telefonata. Su questo vogliamo discutere». Nessun finiano è però presente in Commissione Giustizia al Senato. Eventuali proposte di modifica potranno però essere presentate dai finiani in aula. Intanto, in attesa dell’esame al Senato, il leader dell’Idv, Di Pietro rilancia il referendum come “unico strumento democratico per contrastare tutto questo”. Rimangono inalterati, invece, gli altri 9 emendamenti di Centaro e i due del Governo. Oggi alle 14,30 cominceranno le votazioni della Commissione Giustizia del Senato.
L’iter del ddl intercettazioni. Un anno fa – 11 giugno 2009 – la Camera approvava il disegno di legge del ministro Alfano che regolamenta l’utilizzo delle intercettazioni da parte dei magistrati e la possibilità di pubblicarle da parte dei giornali. La scorsa settimana in commissione Giustizia del Senato sono stati presentati dodici emendamenti che accolgono qualche istanza dei magistrati (che si sono fortemente lamentati per questa legge) e inaspriscono ulteriormente le sanzioni per giornali, editori e giornalisti. Contro tutto ciò, oggi il sindacato dei giornalisti oggi scenderà in piazza.
Giornalisti e società civile scendono in piazza. È iniziata a piazza Navona a Roma la manifestazione organizzata dalla Federazione Nazionale della Stampa, a cui hanno aderito il Popolo viola e i comitati contro il biscione, contro il ddl Alfano sulle intercettazioni, come accadde il 3 ottobre quando duecentomila persone riempirono piazza del Popolo in nome della libertà di stampa. Una cinquantina tra giornalisti, politici e rappresentanti del mondo sindacale stanno protestando contro quella che è stata più volte definita dal mondo giornalistico la “legge bavaglio”. «È una legge illiberale – ha detto il segretario del sindacato dei giornalisti italiani, Franco Siddi, contro i cittadini e per la casta. Chiederemo che venga stracciata tutta la parte che riguarda i divieti alla stampa». Per l’ex ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, il ddl è un «colpo alla libertà di giustizia» mentre per l’ex governatore del Lazio, Piero Badaloni, si tratta «solo di uno degli ultimi atti di questo governo che cerca scorciatoie invece di trovare un equilibrio tra maggioranza e opposizione per discutere sul tema».
La Federazione Nazionale della Stampa chiama dunque a raccolta il suo popolo a piazza Navona, a due passi da Palazzo Madama, luogo simbolico perchè è al Senato che si dovrebbe consumare quello che i giornalisti considerano un nuovo strappo e una nuova ferita all’articolo 21 della Costituzione al quale il sindacato reagisce con forza. Il Popolo viola si è presentato in piazza con dei cartelli su cui è scritto “e adesso intercettateci tutti” e su cui i manifestanti hanno riportato il loro numero di telefono: «è una legge che non solo vieta le intercettazioni – ha detto Gianfranco Mascia del Popolo viola – ma vieta ai giornalisti di parlare dei processi. Noi siamo sempre per la difesa dell’articolo 21 e per questo il nostro presidio qui davanti al Senato continuerà fino alle 19:00».
Oltre all’emendamento “D’Addario”, gli altri punti del nuovo ddl che prende il nome dal ministro della Giustizia Alfano sono:
Gravi indizi di reato. Cambia il testo licenziato dalla Camera: si potrà intercettare in presenza di “gravi indizi di reato” (come prevede la legge attuale) e non degli “evidenti indizi di colpevolezza”. Ma lo si potrà fare solo su utenze intestate all’indagato o a terzi che però, secondo le indagini, potrebbero essere a conoscenza dei reati su cui si indaga. Le intercettazioni dovranno essere “assolutamente indispensabili” per la prosecuzione delle indagini. Per i reati di mafia e terrorismo basteranno, invece, i “sufficienti indizi di reato”. La richiesta dovrà essere autorizzata dal Tribunale in composizione collegiale. Nella sua valutazione il Tribunale non potrà basarsi su quanto detto da coimputati in procedimenti connessi, nè su testimonianze indirette rese da chi non sa indicare la fonte o si rifiuta, nè da informatori non interrogati.
Il pubblico ministero non potrà rilasciare dichiarazioni. Ci sarà il divieto per il magistrato di rilasciare «pubblicamente dichiarazioni» sul procedimento che lo stesso magistrato sta seguendo. Verrà sostituito se iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d’ufficio. Verrà inoltre impedita la pubblicazione sui giornali di nomi e foto dei magistrati.
Arresto e multe per chi pubblica atti vietati. Chi pubblica atti del procedimento di cui sia vietata la pubblicazione rischia l’arresto fino a due mesi o l’ammenda dai 2 a 10 mila euro. In caso di intercettazioni la condanna aumenta: carcere fino a due mesi e l’ammenda da 4 a 20 mila euro. In caso di atti secretati la condanna arriva a 6 anni. In più ci sarà la sospensione temporanea della professione. Identiche pene per chi diffonde registrazioni e riprese.
L’emendamento D’Addario accantonato: prevedeva il carcere per i cronisti, fino a 4 anni se registrano conversazioni senza avvertire l’interessato e fino a 6 anni se si rendono «complici». Si aspetta il nuovo testo che verrà “riformulato” e poi presentato lunedì dalla maggioranza. Riformulata la norma che vieta le inchieste con telecamera nascosta. Si punirà la registrazione solo «qualora se ne faccia un uso illecito».
Più tutela per i parlamentari. Se si intercetta un’utenza con la quale parla anche un parlamentare, il contenuto di queste conversazioni sarà inserito in un fascicolo a parte, conservato nell’archivio riservato. E per poterle usare, si dovrà chiedere l’autorizzazione alla Giunta della Camera di competenza.
L’elenco dei reati intercettabili resta lo stesso: quelli con pene oltre 5 anni, compresi quelli contro la Pubblica Amministrazione; ingiuria; minaccia; usura; molestia; traffico-commercio di stupefacenti e armi; insider trading; aggiotaggio; contrabbando; diffusione di materiale pornografico anche relativo a minori.
Limiti di tempo. Le intercettazioni potranno anche essere più lunghe: prima il limite era di 60 giorni (30 giorni ai quali si poteva chiedere una proroga di 15 e poi di altri 15). Ora potrebbe diventare di 75 (30 più 15, più 15, più 15). Per reati di terrorismo, mafia o minaccia col mezzo del telefono si può arrivare a 40 giorni prorogabili di altri 20.
Norma transitoria. Qualora venisse approvato così com’è dal Parlamento, il disegno di legge sulle intercettazioni non si applicherà ai procedimenti in corso per i quali è già stata chiesta l’autorizzazione a intercettare. Per questa fattispecie varranno però i divieti di pubblicare sui giornali stralci o riassunti delle stesse. Per affidare la competenza ai Tribunali in seduta collegiale si dovranno attendere sei mesi dall’entrata in vigore della legge (“per motivi organizzativi”).