Italia: la corruzione “depenalizzata”. Muore l’80% dei processi, presto sarà il 90%

di Riccardo Galli
Pubblicato il 23 Marzo 2011 - 16:26 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La corruzione è di fatto un reato depenalizzato in Italia. Non è un’opinione di destra o di sinistra, è un dato. Secondo la Cassazione, già con l’attuale legislazione, l’ottanta per cento dei processi per corruzione decade finendo in prescrizione. Con le nuove norme sulla prescrizione breve questo numero salirà fino al novanta per cento. Nove processi su dieci finiranno quindi in prescrizione. E se ai nove decimi di corrotti e corruttori che si salvano grazie alla prescrizione aggiungiamo tutti quelli che non sono stati nemmeno “beccati” dalla legge, si capisce perché in Italia la corruzione è di fatto legale. E poco importa se con l’ultima convenzione Onu l’Italia si era impegnata ad allungare i tempi della prescrizione per la corruzione. Noi li accorciamo.

La cosiddetta “prescrizione breve” è l’ultima norma salva premier approvata in queste ore in commissione giustizia a Montecitorio. L’articolo 4bis, pensato e redatto dal relatore Paniz prevede l’accorciamento dei tempi di prescrizione dei reati per gli incensurati. Fatta eccezione per i reati più gravi come l’associazione mafiosa. Ora la corruzione si prescrive in 10 anni, il massimo della pena più un quarto (per compensare i cosiddetti “atti interruttivi”), con la nuova leggina quel quarto si riduce a un sesto. Il processo Mills, che doveva “morire di prescrizione” a febbraio 2012 perirà in anticipo di sette mesi e mezzo. Domani, a maggio. Quello Mediaset, tempo di decesso stimato giugno 2014, morirà sei mesi prima, dicembre 2013. I reati di Mediaset (appropriazione indebita, reati finanziari) si estinguono in sette anni e mezzo, lo faranno in sette. Ma il punto non è questo perché questa norma, che sembra cucita addosso a Berlusconi, e che è stata approvata in tempi discutibili, anche se viene definita ad personam, non riguarda solo il Cavaliere.

Se è vero che la cosiddetta “norma-Paniz” potrebbe salvare il Premier da molti dei processi che lo vedono imputato, c’è un dato collaterale, o forse un danno collaterale, di cui non si è tenuto conto, cioè la depenalizzazione di fatto della corruzione. Una norma pensata per salvare una persona è una cosa grave, ma ancor più grave e se poi questa norma salva tutti. Errore o scelta deliberata che sia.

In Italia, paese con un altissimo tasso di corruzione, già la prescrizione falcidiava la maggior parte dei processi per questo reato (l’80% secondo la Cassazione), e non a caso ci eravamo impegnati in sede ONU per allungare i termini di estinzione del reato. Evidentemente però ci deve essere stato un ripensamento nella maggioranza che ci governa. Un ripensamento che invece di inasprire le norme e cercare di far si che corrotti e corruttori affrontino il processo, va nella direzione inversa. Certo è verissimo che nel nostro paese i processi sono troppo lunghi, è vero che il nostro impianto giudiziario è vecchio e potrebbe aver bisogno di una “revisione”, ma la soluzione non sembra poter essere cancellare i reati per sveltire i processi.

Un ripensamento organico del sistema giudiziario italiano avrebbe però bisogno, oltre che della famose larghe intese, anche di persone competenti che lo pensino e ci lavorino. L’avvocato di Belluno relatore del ddl e ideatore della proposta Maurizio Paniz non sembra essere una di queste. Paniz, nello stesso giorno della votazione in commissione giustizia, è stato intervistato da La Repubblica sul caso Ruby, il bellunese è anche capogruppo Pdl in giunta per le autorizzazioni e alla domanda “Ruby è la nipote di Mubarak?” ha risposto “Confermo. E’ frutto di un mio convincimento e di una corretta lettura degli atti. Metta testuale per favore”. Ora, d’accordo che Maurizio Paniz è avvocato, e certamente i difensori di Berlusconi sono tenuti a confermare la tesi difensiva, che ci credano o meno, ma Paniz non fa parte del collegio difensivo del Premier, quindi il sospetto è che ci creda davvero. Probabilmente è l’unico in questo paese a crederlo sul serio, e questo non è un buon biglietto da visita per chi dovrebbe riordinare il nostro sistema giudiziario. Anzi, non è un buon biglietto da visita per nessuno.