“Permesso agli immigrati? Troppo presto”. Italia sconfitta e sconsolata: “Che ci stiamo a fare in Europa?”

Pubblicato il 11 Aprile 2011 - 18:49 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Nessuno vuole sentire ragioni in Europa sui permessi a tempo e sul piano all’italiana per fare sloggiare gli immigrati, così Roma sconfitta da Bruxelles tutta sconsolata si lamenta. Il senso è pressoché questo: “Che ci stiamo a fare in Europa se nessuno ci aiuta con profughi, tendopoli e barconi da gestire?”.

L’Ue considera prematura l’attivazione della procedura europea per la protezione temporanea dei rifugiati, ovvero la libera circolazione nei paesi Ue, come voleva l’Italia, anche se ammette che il decreto rispetta in teoria Schengen.

Il decreto con cui l’Italia rilascia permessi di soggiorno per motivi umanitari ”per quel che abbiamo visto rispetta l’accordo di Schengen”, ha spiegato la Malmstrom precisando che però  i titolari di tali permessi ”per circolare in Europa devono rispettare i requisiti” previsti dal regolamento sull’accordo di Schengen.

Quelle norme, ricorda il commissario Cecilia Malmstrom risalgono alla crisi del Kosovo, e quindi riguardano una situazione di ”centinaia di migliaia di profughi”. ”E noi – ha aggiunto – non siamo ancora a questo punto, ma nessuno vuole che l’Italia esca”.

Tra comprensibile delusione, propaganda  e anche un po’ di irresponsabilità i ministri della Repubblica si sono esibiti in uno show anti europeista. Il primo è stato il capo del Viminale Roberto Maroni, sulla scia del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che aveva lanciato l’aut aut a Bruxelles: “Sia concreta o meglio dividerci”.

Il ministro dell’Interno l’ha sparata grossa, per poi cercare di correggersi dopo la bufera scatenata: “Meglio soli che male accompagnati, che senso ha restare se non ci aiutano?”. Passata una mezz’ora ha aggiunto: “Certo che con l’Europa non si scherza, ma quando l’Italia chiede aiuto per i rimpatri, per i pattugliamenti, per bloccare i flussi, per fare investimenti in Tunisia, la risposta è ‘Cara Italia devi pensarci tu perché la Tunisia è vicina all’Italia’. Mi pare che qualcosa non funzioni”.

Il ministro ha quindi ricordato i passi fatti dall’Italia con la Tunisia: ”Noi abbiamo fatto un accordo bilaterale, abbiamo dato una linea di credito alla Tunisia di 150 milioni di euro, abbiamo fatto un accordo per i rimpatri, forniamo mezzi, auto e navi alla polizia tunisina. Siamo l’unico paese dell’Unione europea che si è attivato. Mi pare che se l’Europa è questa, francamente ‘meglio soli che male accompagnati”.

Quindi per ora, dopo la telefonata di chiarificazione con Berlusconi, l’Italia preferisce fidarsi della Tunisia e affidarsi all’accordo appena siglato per i rimpatri.

Subito a ruota è arrivato un altro commento a caldo del ministro degli Esteri Franco Frattini, già criticato da più parti per avere straparlato su Libia, intervento Nato e Gheddafi.

Deluso da quel “i permessi sono prematuri”, messaggio ripetuto più volte chiaro e tondo dal commissario Ue Cecilia Malmstrom, amareggiato dalla Germania che non vuole turisti migranti e arrabbiato con la Francia che respinge i tunisini passati dalle montagne di Ventimiglia, Frattini se l’è presa con l’Ue.

”L’Europa resti con il suo egoismo. Noi troveremo altre soluzioni. Volevamo porre all’Europa il tema dell’immigrazione come un tema globale da affrontare insieme – ha detto Frattini – E’ mancata la politica, l’Ue non è riuscita a parlare con una voce sola. L’Europa resti con il suo egoismo, noi troveremo altre soluzioni”.

Si è aggiunto alla cordata anche il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli: ”Dopo l’egoistica e anticomunitaria posizione assunta oggi dall’Europa nei confronti di uno Stato membro diventa obbligatorio e urgente predisporre un blocco navale assoluto a difesa delle nostre acque e dei nostri confini, come peraltro previsto nell’accordo siglato dal ministro degli Interni, Roberto Maroni, con il Governo tunisino”. Lo dice il ministro della semplificazione Roberto Calderoli.

”Proprio ieri  avevo lanciato la proposta di ritirare le nostre truppe attualmente impegnate in Libano, proposta che, alla luce della posizione assunta dall’Europa, diventa un atto obbligatorio. Ho accolto con soddisfazione la disponibilità del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ad una prossima riduzione dei nostri contingenti militari impegnati nelle missioni di pace in Kosovo e in Libano”.

”Mi fa piacere -aggiunge – ma adesso dalle parole occorre passare ai fatti, visto che le spese per le missioni internazionali militari non hanno fatto altro che salire. Appare insostenibile, in una fase di crisi economica internazionale e di fronte ad un’emergenza umanitaria che rischia, per noi, di trasformarsi in un’invasione, spendere qualcosa come un miliardo e mezzo di euro l’anno per 30 missioni militari, dicasi 30 missioni, in ben 22 paesi del mondo per un totale di circa 8000 uomini complessivamente impegnati! Pensiamo a casa nostra prima che diventi quella di altri”.

Se mezzo governo, premier compreso, disdegnano così tanto la poltrona a Bruxelles, la domanda legittima è: se l’Italia esce dall’Europa dove va? E soprattutto con chi?

Sganciati dall’Ue che succederebbe alle casse italiane già in difficoltà per il debito pubblico? Davvero la soluzione sarebbe la secessione da Bruxelles in stile tutto leghista come con la Padania da Roma? Perdere il posto nella zona euro e una voce in capitolo, anche se debole, in Europa forse non sarebbe la mossa più giusta.

Tutto questo è successo, come fa notare il segretario Pd Pierluigi Bersani, per un flusso di circa 20 mila persone. ”Siamo in questo incidente internazionale perché 20mila tunisini sono arrivati da noi è un problema, ma non può essere un problema di questa portata. Non so dove andranno questi 20mila tunisini”.