Italicum, a Renzi il primo round ma non si fida e mette la fiducia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Aprile 2015 - 15:25| Aggiornato il 29 Aprile 2015 OLTRE 6 MESI FA
Italicum, a Renzi il primo round ma non si fida e mette la fiducia

Italicum, a Renzi il primo round ma non si fida e mette la fiducia (foto LaPresse)

ROMA – Tre votazioni: la prima con 384 sì, la seconda con 385 e la terza con 369. Sulle pregiudiziali all’Italicum Matteo Renzi fa quasi il pieno, va molto sopra la quota 350 che rappresentava un successo politico (e psicologico) eppure non si fida, riunisce il consiglio dei ministri e chiede la fiducia. Appena Maria Elena Boschi lo annuncia in Aula, però, alla Camera esplode la protesta. 

Renzi non si scompone e replica via Twitter: “La Camera ha il diritto di mandarmi a casa se vuole, la fiducia serve a questo. Finchè sto qui, provo a cambiare l’Italia”. Risultato. Tre voti di fiducia, il primo in programma per mercoledì pomeriggio e gli altri due per giovedì.

Quello dell’ora di pranzo di martedì  è stato un voto preparatorio all’esame vero e proprio della legge elettorale su testi presentati dall’opposizione per farlo cadere prima del voto in Aula. Ma è stato un test politico sulla tenuta della maggioranza che per tre volte ha dato un risultato chiarissimo: per tre volte la quota di maggioranza alla Camera, 316 è stata nettamente superata. Significa che la fronda del Pd, almeno in questa fase, si assottiglia. E non di poco.

Pier Luigi Bersani, però, dice chiaro e tondo che la fiducia all’Italicum non la voterà. E motiva così: “La penso come Roberto Speranza. Ho votato 17 volte la fiducia al governo, più di una al mese. Sono pronto a votare per altre 17 volte su atti di governo che riguardino il governo. Sulla democrazia un governo non mette la fiducia. Questa fiducia io non la voterò”.

Per Renzi, l’opposizione che contava era soprattutto quella interna al Pd. Si votava a scrutinio segreto: condizione ottimale per la trappola al premier che, sotto i 320 voti non avrebbe potuto fare altro che chiedere subito la fiducia e con esito incerto. I numeri sembrano dire ben altro. Perché poi si è votato altre due volte. E Renzi ha ottenuto 385 sì la seconda volta e pochi di meno la terza, 369, quando alla votazione partecipano 17 dissidenti Pd che avevano disertato le prime due votazioni.

Dopo le tre votazioni la seduta alla Camera è stata sospesa e si è riunito il Consiglio dei ministri per stabilire se porre o meno la fiducia sull’Italicum. E’ arrivato il sì di Renzi che evidentemente vuole andare sul sicuro e non ha intenzione di abbassare il livello dello scontro. Anche a costo di operare una scelta discutibile, certamente irrituale e destinata ad alimentare altre polemiche.  Alla vigilia del voto si ipotizzava un gruppo di dissidenti Pd attorno alle 90 unità. E con quelli, raccontano le cronache parlamentari, il governo ha trattato fino all’ultimo. La più rosea delle previsioni diceva 400, quella standard 330-350, quella nera sotto i 320. Il risultato dice inequivocabilmente che Renzi ha fatto quasi il pieno.

 Assenze che pesano. Dall’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani al capogruppo del Misto Pino Pisicchio fino a qualche esponente della minoranza Dem e qualche centrista. Sono stati 17 i deputati che hanno inscenato una sorta di ‘protesta palese’ all’Italicum, manifestatasi non nelle prime due votazioni a scrutinio segreto ma nella terza votazione sulle pregiudiziali, quella, appunto, verificabile sui tabulati. E proprio sui tabulati si vede come in 17, al voto palese non risultano presenti in Aula e in 18, invece, risultano non votanti. Sono 593 infatti i presenti e votanti nelle prime due votazioni sulle pregiudiziali, di costituzionalità e di merito, respinte rispettivamente con 384 e 385 voti contrari. Alla terza votazione, quella palese sulla richiesta di sospensiva, sono stati invece 576 i presenti, 575 i votanti e 369 i voti contrari.

Tra i diciassette che sono usciti dall’Aula ci sono 6 esponenti Pd, che si vanno ad aggiungere ai 7 assenti, che fonti del gruppo spiegano essere in buona parte ‘giustificati’ del voto segreto. I 6 sono Bersani, il leader di Sinistradem, Gianni Cuperlo, il coordinatore di Area Riformista Nico Stumpo, e Giuseppe, Lauricella, Giacomo Portas, Nico Stumpo, Francesco Prina. In totale, sul voto palese sono 13 i Dem che risultano non presenti più Paolo Rossi presente ma non votante. Tra i non presenti in Aula al voto palese ma non a quelli segreti figurano due deputati Ap, Paolo Tancredi e Sergio Pizzolante, il capogruppo del Misto Pisicchio, Ignazio La Russa di Fdi e Toni Matarrelli di Sel.

Lo slalom tra i voti di Enrico Letta. Votante sulla pregiudiziale di costituzionalità e sulla richiesta di sospensiva, non partecipante al voto sulla pregiudiziale di merito: è questo il percorso in Aula dell’ex presidente del Consiglio Enrico Letta che, alla prima votazione segreta risulta dai tabulati presente e votante ma alla seconda figura tra i non partecipanti. Alla terza votazione, palese e sulla richiesta di sospensiva, Letta invece risulta presente e il suo voto conforme a quella della maggioranza. ‘Variabile’ anche il percorso di Andrea Giorgis, che risulta non partecipante al voto solo al primo scrutinio segreto, quello sulla pregiudiziale di costituzionalità. In FI, invece, tra le due votazioni segrete e quella palese risultano due deputati in meno: Rocco Crimi e Sestino Giacomoni.