Jobs act: licenziamenti e reintegro. Cosa cambia con l’emendamento del governo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Novembre 2014 - 15:26 OLTRE 6 MESI FA
Jobs act, licenziamenti e reintegro: cosa cambia con l'emendamento del governo

Matteo Renzi con il ministro del Welfare Giuliano Poletti e il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi (LaPresse)

ROMA – Jobs Act, licenziamenti, indennizzo o reintegro: come cambia la riforma del lavoro con l’emendamento che il governo Renzi vuole presentare in Commissione Lavoro alla Camera. Emendamento frutto della mediazione interna al Pd e che prevede la possibilità di reintegro in azienda in caso di licenziamento disciplinare immotivato.

Una piccola modifica all’impianto della riforma, per la quale il Nuovo Centrodestra di Alfano e Sacconi minaccia di lasciare i lavori in Commissione e di ostacolare l’iter per l’approvazione del Jobs Act.

Ma, Ncd a parte, cosa cambierebbe in caso di licenziamento con l’ultima correzione alla riforma apportata da governo e Pd?

>>>L’articolo 18 prima della riforma Fornero
>>>L’articolo 18 dopo la riforma Fornero

In caso di licenziamenti economici: nessun reintegro, ma solo un indennizzo economico. Non cambia nulla perché già molto era cambiato con la riforma Fornero, che aveva eliminato quasi del tutto l’ipotesi del reintegro in caso di licenziamento per motivi economici, lasciando aperta la porta al reintegro solo nel caso che il giudice ritenga falso per “manifesta insussistenza” il motivo economico, per esempio nel caso di un’azienda col bilancio in salute. Ma non ci sarebbe comunque reintegro. Al lavoratore spetta solo un indennizzo che varia dalle 12 alle 24 mensilità.

In caso di licenziamenti discriminatori: scatta il reintegro. Il giudice ritiene discriminatorio un licenziamento quando risulta dovuto a orientamenti sessuali, religione, opinioni politiche, attività sindacale, motivi razziali o linguistici, handicap, gravidanza o malattia. In quel caso lavoratore viene reintegrato, perché a prescindere dall’articolo 18, questo licenziamento è incostituzionale. Quello che potrebbe cambiare con il Jobs act è che l’onere della prova dovrebbe toccare al dipendente e non al datore di lavoro.

In caso di licenziamenti disciplinari, qualcosa cambia: indennizzo se il licenziamento è motivato, reintegro se il giudice non lo ritiene motivato. Si dice “disciplinare” perché scatta contro quel lavoratore che viola le regole di comportamento stabilite dalla legge, dai contratti collettivi e che non rispetta le norme contenute nel codice disciplinare dell’azienda. La riforma Renzi prevedeva l’indennizzo economico, da 12 a 24 mensilità, in tutti i casi. L’emendamento concordato con la minoranza pd che il governo sta per presentare apre alla possibilità di reintegro nel caso di “specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato”, per esempio quando si accerta che il dipendente non ha commesso il fatto che ha dato origine al licenziamento.