Landini risponde a Renzi: “Non è eletto. Fiom ha 350mila iscritti più del Pd”

di redazione Blitz
Pubblicato il 23 Febbraio 2015 - 22:45 OLTRE 6 MESI FA
Landini risponde a Renzi: "Fiom ha 350mila iscritti più del Pd"

Maurizio Landini

ROMA – Che abbia perso come sindacalista “è una sciocchezza pura. A Renzi vorrei ricordare che la Fiom ha 350mila iscritti, più del suo partito. E la gente che è iscritta alla Fiom paga una quota ogni mese, noi non facciamo cene da mille euro”. Così il leader della Fiom Maurizio Landini, a 48 ore dalla sua intervista al Fatto Quotidiano nella quale teorizzava un asse tra sindacati e sinistra politica di opposizione al governo Renzi, scende di fatto in campo, non smettendo i panni del sindacalista ma alzando il livello dello scontro con il premier.

Parole che avevano indotto Renzi a contrattaccare: “Ha perso nel sindacato, ora si dà alla politica”. E Landini gli risponde agguerrito a Otto e mezzo intervistato da Lilli Gruber:

“Solo lui può giocare a 360 gradi, da Berlusconi alla Fiom, e gli altri invece devono giocare sul terreno che decide lui?”

E ancora:

“Io non ho capito cosa gli hanno fatto di male a Renzi quelli che per vivere devono lavorare. Se dico ad una persona che ti posso licenziare anche se hai ragione, che ti monetizzo, significa che non capisce il dramma di chi perde un lavoro. Renzi sta facendo semplicemente le ricette dalla Bce. Renzi è vecchio, non è nuovo. Sta dividendo il Paese in un momento in cui dovrebbe essere unito”.

Nega ogni aspirazione a fondare un partito ma parla quasi da padre di un nuovo progetto politico: Io voglio a continuare a fare il sindacalista”, chiarisce Landini in tv senza arretrare di un millimetro dall’idea di una “vasta coalizione sociale” che si opponga a un premier, che “pur non essendo stato eletto, sta cancellando lo Statuto dei lavoratori”.

“E’ a rischio la tenuta democratica del Paese”. Accuse destinate ad aprire un dibattito in tutta la sinistra, nella quale, sinora solo Pippo Civati spezza chiaramente una lancia a favore del numero uno delle tute blu. “Con Landini parlerò ma di persona. E credo sia il momento che tutti quelli che si interrogano su un nuovo partito a sinistra facciano altrettanto”, è la sua esortazione.

Ma sono pochi quelli del Pd disposti a rischiare tanto. Non lo sarebbero i bersaniani, che con Miguel Gotor, tornano a ribadire come la battaglia vada fatta “dentro il partito”, impedendo “una deriva neocentrista che è il cuore del disegno di Renzi”. Tace Gianni Cuperlo mentre Stefano Fassina apre al senso della “coalizione sociale” indicata da Landini: “Pone un problema vero: il lavoro, nonostante lo sforzo di alcuni di noi e di Sel, non ha un’adeguata rappresentanza”.

Un chiaro plauso arriva dal leader di Sel Nichi Vendola (“è una risorsa, non certo un problema”) da mesi impegnato a creare un fronte comune che dentro e fuori il Parlamento si opponga al “renzismo”.

Certo, i rischi di una discesa nell’arena politica, per Landini, già sembrano profilarsi all’orizzonte, complice – fanno notare in Transatlantico – la potenziale caduta in un “poco produttivo” dualismo mediatico con Renzi. E non mancano gli effetti anche sul fronte sindacale, dove oggi fa rumore l’incontro tra il leader Fiom e il segretario della Cgil Susanna Camusso. Un vertice, precisa Landini che era in agenda da settimane, ma che a molti è apparso quasi come una “convocazione a rapporto” dopo l’intervista di sabato del segretario delle tute blu.

Una cosa, al momento, appare tuttavia chiara: il malcontento di tutte le anime dell’ipotetico fronte di chi è a sinistra di Renzi sul Jobs Act. Una riforma rispetto alla quale Camusso, se da un lato ammette “la sconfitta” sull’art.18 dall’altro promette  “reagiremo con gli strumenti necessari”. Con Landini che si dice d’accordo con il segretario Cgil sull’idea di una legge di iniziativa popolare o di un referendum.

E sempre sul Jobs Act e sul punto dei licenziamenti collettivi, tocca anche a Roberto Speranza, oggi, alzare la voce contro il suo segretario e sottolineare come Renzi e il governo abbiano “sbagliato” a “non tener conto del parere delle Camere”. Parole, quelle del capogruppo Pd, che fanno trapelare un ritorno all’alta tensione tra Renzi e la minoranza Pd, con possibili ripercussioni sul voto finale sulla riforma costituzionale atteso alla Camera. E non basteranno certo le parole del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti (è stata una scelta difficile, non volevamo creare incertezze) a calmare le acque di una sinistra destinata, da oggi, a chiedersi se Landini possa rappresentare il tanto atteso “uomo in più” o semplicemente una meteora.