Milano. La sceneggiata di Lassini: dimissionato politicamente per finta, resta candidato

Pubblicato il 22 Aprile 2011 - 10:14 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – “Ignominioso”, “incompatibile con lo spirito del partito”, “indifendibile” ecc: per un attimo si era pensato che il buon Lassini, il famigerato diffusore dei manifesti dello scandalo, avesse gettato al vento la sua carriera politica. Ma appunto, è stato un attimo. A Milano il suo posto di capolista alle comunali non glielo ha tolto nessuno, tanto meno lui in ha fatto un passo indietro, nonostante gli annunci. L’unica che sembra non cedere è il sindaco Moratti, che teme un effetto boomerang. Per il resto la presa di distanza del Pdl è una sceneggiata.

Intanto il dominus Berlusconi non ha sconfessato alcunché: tra le vibranti reazioni del centrodestra della prima ora, la sua voce non c’era. E non ci sarebbe più stata. Anzi, Lassini ha potuto sventolare come una bandiera una telefonata di solidarietà del premier. Mai smentita. Nel frattempo il coro dei difensori di Lassini si è allargato: “Io voto Moratti e Lassini”, era ieri lo slogan della campagna de Il Giornale cui nel pomeriggio hanno aderito più di 500 sostenitori. Daniela Santanché si è autoeletta presidente del “partito pro Lassini” (lo ha anche invitato a casa), seguita da Tiziana Maiolo, da sempre nemica giurata dei magistrati di Milano e che qualche conto in sospeso ce l’ha pure con la Moratti. Giorgio Straquadanio e Paola Frassinetti fanno parte della truppa: condividono la battaglia di Lassini, cercano il punto di mediazione.

Resta il nodo della candidatura, un vero gioco delle parti. Riassumendo: Lassini “dimissionato politicamente” china il capo e obbedisce, ma, purtroppo, non può. La lista è stata già depositata e il parere del Ministrero dell’Interno è tassativo: non può essere cancellata, pena il decadimento della lista stessa, con danno evidente dell’elettorato. “A meno che io fossi ineleggibile causa di gravi reati. Non è il mio caso”. Bugia: l’avvocato amministrativista Gianluigi Pellegrino sostiene che un candidato può sempre ritirarsi da un’elezione, lo sancisce la Corte Costituzionale: “Probabilmente il quesito al Viminale è stato posto in modo che la risposta fosse negativa. Il Pdl e il Comune, potrebbero comunque portare la questione al Tar. Affermare che una candidatura non è revocabile è un assurdo giuridico, lede il principio di libertà individuale”.

Altra manfrina: “Se vengo eletto mi dimetto” aveva sostenuto in una lettera consegnata al coordinatore milanese del Pdl Mantovani. Dimissioni teoriche e avveniristiche. Un’ora dopo che Mantovani aveva recapitato la lettera alla Moratti, Lassini ha ammesso candidamente: “Non dico se rinuncerò o meno, si rispetterà la volontà dei milanesi”. Chiarissimo: io mi dimetterei pure, ma se è il popolo che non lo vuole…La Maiolo di scrupoli non se ne fa: “Lasciare dopo l’elezione è assurdo”.