Lavoro, Napolitano smentisce Repubblica: “Chi ha detto che non firmerò il ddl del governo?”

Pubblicato il 15 Marzo 2010 - 11:40 OLTRE 6 MESI FA

Giorgio Napolitano

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano smentisce di essere incline a rimandare alle Camere il disegno di legge che introdurrebbe l’arbitrato al posto del giudice per le questioni di lavoro.

L’indiscrezione, che il Quirinale ha definito «priva di fondamento», è stata pubblicata su Repubblica in un articolo scritto da Massimo Giannini: vi si ipotizzava che Napolitano fosse intenzionato a non promulgare il ddl. Una nota della presidenza della Repubblica afferma invece che «l’indiscrezione di stampa secondo la quale il Presidente della Repubblica avrebbe già assunto un orientamento a proposito della promulgazione del disegno di legge 1167-B approvato dal Parlamento è priva di fondamento».

Secondo l’articolo di Repubblica, i dubbi di Napolitano sarebbero causati da una parte del testo: scrive Giannini che «dall’articolo 31 in poi c’è scritto che le controversie tra il datore di lavoro e il suo dipendente potranno essere risolte anche da un arbitro, in alternativa al giudice. In sostanza, modificando l’articolo 412 del codice di procedura civile, si prevedono due possibilità alternative per la risoluzione dei conflitti: o la via giudiziale oppure quella arbitrale. L’innovazione principale è che già al momento della firma del contratto di assunzione, anche in deroga ai contratti collettivi, al lavoratore potrebbe essere proposto (con la cosiddetta clausola compromissoria) che in caso di contrasto futuro con l’azienda le parti si affideranno a un arbitro, e non a un giudice».

Secondo la Cgil questa norma sarebbe in contratto con l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, perché ridurrebbe le tutele garantite ai dipendenti. Epifani ritiene infatti l’arbitrato “meno garantista” rispetto al giudizio di un magistrato.

Oltre ai sindacalisti, ci sono anche molti giuristi che ravvisano tratti di incostituzionalità nella legge. Ad esempio Mario Dogliani, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Torino, ha spiegato che «il rapporto di lavoro è tutelato, in Italia, dalla legge in primis, quindi dalla legge di fronte a un giudice».

Massimo Giannini ha replicato al Napolitano dicendo che la notizia «è stata riferita personalmente da una fonte autorevole, che aveva parlato con il presidente della questione». Il giornalista ha aggiunto di aver effettuato «i necessari approfondimenti politici e giuridici sul tema».