Lazio e Puglia: doppio suicidio elettorale della sinistra

di Lucio Fero
Pubblicato il 21 Dicembre 2009 - 14:50| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Nicola Zingaretti

Proprio vero che Dio acceca coloro che vuol perdere o, tradotto su scala più domestica il biblico ammonimento, coloro che vogliono perdere si accecano da soli. Capita alla sinistra, al centro sinistra o alla sinistra-sinistra. Comunque la denomini e componi, questa alleanza, si fa per dire, di oppositori le elezioni regionali di marzo in Lazio e in Puglia vuole, fortemente vuole perderle.

Lazio: il centro destra, la destra schiera un candidato forte, una persona credibile, Renata Polverini. E gli altri che fanno? Avrebbero come possibile candidato Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, l’unico o quasi da quelle parti ad aver vinto un’elezione nel 2008, l’unico o quasi ad avere qualche possibilità contro la Polverini. Per accettare la candidatura Zingaretti chiede il minimo: un sostegno senza se e senza ma che vada dall’Udc a Sinistra, Libertà ed Ecologia di Vendola, passando ovviamente per il Pd e l’Idv.

E chiede anche che, se accordo deve essere, sia accordo anche sulle candidature alla Provincia di Roma dove si tornerebbe a votare se lui si dimette per correre per la Regione. Il partito di Di Pietro gli fa sapere che prima deve dire sì alle sue condizioni: la presidenza della Provincia all’Idv. E poi deve dire all’Udc di Casini: “Questa è la minestra, mangiare o saltare”. Insomma l’Udc come ospite sopportato.

Quelli di Vendola ne pensano un’altra: poiché alle Provinciali si vota con il doppio turno, vogliono “pesare” un loro candidato almeno al primo turno. Zingaretti fa i conti, ovvi ed elementari: così si rischia di perdere alle Regionali e pure alle Provinciali. Dunque si chiama fuori da questo pasticcio egocentrico e suicida.

Solo un caso sfortunato quello del Lazio? Non proprio: in Puglia Nichi Vendola, governatore uscente, vuole restare governatore in nome della “Puglia migliore” che, giura, si identifica in lui, anzi nella sua permanenza in carica. Ma sulla sua riconferma l’Udc di Casini non ci sta, l’Idv nicchia e il Pd fa i conti: con Vendola candidato senza alleati si perde 60 a 40.

Ma Vendola è pronto alla “bella morte”, è orgoglioso e tignoso sulla sua missione impossibile. A due anni dalla sfascio nazionale di quella che fu “L’Unione” che suicidò il governo Prodi e soprattutto l’idea stessa che una roba “tipo Unione” potesse mai governare, non si è perso né il pelo né il vizio. Ci si limita a perdere le elezioni.