Legge elettorale, la Corte Costituzionale potrebbe rimandare a gennaio 2014

di redazione Blitz
Pubblicato il 3 Dicembre 2013 - 14:10 OLTRE 6 MESI FA
Legge elettorale, la Corte Costituzionale potrebbe rimandare a gennaio 2014

Legge elettorale, la Corte Costituzionale potrebbe rimandare a gennaio 2014

ROMA – La decisione della Corte Costituzionale sulla legge elettorale potrebbe slittare a gennaio 2014. Terminata l’udienza pubblica i giudici dovranno riunirsi in Camera di Consiglio: la decisione è attesa tra stasera e mercoledì mattina. Ma secondo indiscrezioni, riportate dal Corriere della Sera, la Consulta potrebbe prendersi più tempo. In discussione c’è il premio di maggioranza per Camera e Senato, con relativa esclusione del voto di preferenza, contenuti nel cosiddetto Porcellum. La prima camera di consiglio del nuovo anno, è fissata il 14 gennaio, data in cui i giudici saranno chiamati a discutere anche dell’ammissibilità dei referendum sulla riforma della geografia giudiziaria.

L’approdo in Consulta della legge elettorale ha alle spalle una vicenda giudiziaria di ricorsi e bocciature, alla cui base c’è la testardaggine di un avvocato 79enne, Aldo Bozzi, che ha deciso di non arrendersi e di non girarsi dall’altra parte. Nel novembre 2009, in qualità di cittadino elettore Bozzi citò in giudizio la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno davanti al Tribunale di Milano, sostenendo che nelle elezioni politiche svoltesi dopo l’entrata in vigore della legge 270/2005, il cosiddetto Porcellum, e nello specifico nelle elezioni del 2006 e del 2008, il suo diritto di voto era stato leso, perché non si era svolto secondo le modalità fissate alla Costituzione – ossia voto “personale ed eguale, libero e segreto (art. 48) e “a suffragio universale e diretto”.

Liste bloccate, premio di maggioranza senza soglia minima, inserimento nella lista elettorale del nome del capo di ciascuna lista o coalizione, sono gli aspetti contestati. Il primo, per garantire l’espressione del voto personale e diretto deve essere data all’elettore, secondo Bozzi, la possibilità di esprimere la propria preferenza a singoli candidati. La seconda, perché attribuisce un premio di maggioranza senza agganciarlo a un numero minimo di voti, e in questo modo violerebbe il principio di uguaglianza del voto. La terza, perché l’indicazione sulla scheda del capo del partito o coalizione, possibile futuro premier, limiterebbe l’autonomia del Capo dello Stato nella scelta del presidente del Consiglio.

Nel giudizio sono intervenuti ad adiuvandum, cioè a sostegno della posizione di Bozzi, 25 cittadini elettori. Il 18 aprile 2011 il Tribunale di Milano ha rigettato l’istanza, giudicandola manifestamente infondata. Bozzi ha fatto ricorso in appello e il 24 aprile 2012 la Corte d’appello di Milano lo ha respinto, motivando che il principio del voto uguale per tutti è da intendersi in senso formale, ossia che nell’urna ogni voto ha lo stesso valore.

E’ seguito il ricorso in Cassazione. Ma la Suprema Corte, prima sezione civile, non ha preso una decisione, e con un’ordinanza interlocutoria nella quale segnala numerosi aspetti critici della legge elettorale, il 17 maggio scorso ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale.

Se la Corte Costituzionale dovesse accogliere su tutti i fronti il ricorso di Bozzi “non ci sarebbe né un vuoto legislativo né la reviviscenza automatica del Mattarellum”, è la tesi sostenuta da Felice Carlo Besostri, che, oggi, in Consulta, ha illustrato con altri colleghi le questioni di costituzionalità del Porcellum.

Secondo il legale infatti, se la Legge Calderoli dovesse essere dichiarata illegittima “abolendo il premio di maggioranza non si creerebbe un vuoto legislativo perché la legge vigente diverrebbe una proporzionale con soglia di accesso, immediatamente applicabile. Le liste che superano le soglie di accesso si dividono i seggi”.