Legge Severino cambierà. Repubblica: “Ma non a favore di Berlusconi”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Novembre 2014 - 08:33 OLTRE 6 MESI FA
Legge Severino cambierà. Ma non a favore di Berlusconi

L’ex ministro della Giustizia Paola Severino (Foto Lapresse)

ROMA – La legge Severino cambierà. Ma non a favore di Silvio Berlusconi, chiarisce Liana Milella su Repubblica. Dopo il caso De Magistris, il sindaco di Napoli sospeso in base a quella legge e poi riabilitato dal Tribunale regionale amministrativo campano dopo il ricorso alla Corte Costituzionale, la legge che prevede “l’incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo dopo sentenze definitive di condanna per delitti non colposi” spacca la maggioranza sulla disparità di trattamento tra chi resta fuori dagli organi elettivi dopo una condanna definitiva (come Berlusconi) e chi viene sospeso anche per una condanna in primo grado (come Luigi De Magistris).

Su Repubblica Liana Milella spiega:

“Nel primo gruppo ci sono i parlamentari italiani ed europei. Nel secondo gli amministratori locali. Sarà un’iniziativa parlamentare, e quindi non un intervento diretto del governo, a correggere quella che suona come una discrasia, da una parte a casa solo chi ha sulle spalle una condanna passata ingiudicato, dall’altra sospeso chi invece è stato solamente condannato in primo grado, ma magari poi può essere definitivamente assolto.

La revisione viene accolta positivamente dal governo. Matteo Renzi da quando è presidente del Consiglio ha più volte ribadito che non può bastare un avviso di garanzia o una condanna in primo grado per mettere fuori dalle istituzioni un esponente politico.

Ma chi sta per presentare la modifica alla legge Severino chiarisce che non cambierà nulla per i condannati definitivi come Berlusconi. Cambierà solo la regola per gli amministratori locali, per i quali attualmente basta una condanna in primo grado per essere sospesi dal prefetto, come accaduto a De Magistris dopo la condanna per abuso d’ufficio ad un anno e tre mesi.

Ricorda sempre Milella:

“L’ex premier è decaduto dal Senato il 27 novembre del 2013, dopo un voto a larga maggioranza e dopo la condanna a 4 anni nel processo Mediaset del 2 agosto. Resterà incandidabile, come prevede la stessa legge, per sei anni. Forza Italia, da quando è esploso il caso De Magistris e soprattutto dopo la pronuncia del Tar che ha mandato la Severino alla Consulta, parla di due pesi e due misure, uno cacciato l’altro sospeso, e si augura che qualcosa possa cambiare anche per l’ex premier. Ma il capitolo della legge in cui rientra Berlusconi — le regole sull’ineleggibilità per i candidati e gli eletti in Parlamento — non subirà alcuna modifica.

“(…) La prima conseguenza della modifica, che accoglie in pieno proprio la tesi di De Magistris (si deve essere sospesi solo a seguito di una condanna definitiva), è che la Consulta, pur officiata dal Tar, potrebbe non doversi più occupare della vicenda perché se la legge viene cambiata proprio in quel punto cade la presunzione di incostituzionalità. Una tutela questa per la legge Severino che altrimenti avrebbe potuto rischiare una pronuncia di parziale incostituzionalità in un punto molto importante che avrebbe potuto anche terremotare l’intera legge”.

Sia Berlusconi sia De Magistris contestano però anche un altro punto: la retroattività della legge. 

“Il sindaco sostiene che quando lui è stato eletto la legge ancora non c’era e quindi l’abuso d’ufficio non era tra i reati che precludevano una candidatura. Berlusconi invece, dopo la decadenza, è ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, sostenendo che la legge Severino non c’era quando lui ha commesso la frode fiscale per cui è stato poi condannato. Quindi, per lui, la Severino non dovrebbe valere. Avrebbe voluto andare anche lui alla Consulta, ma la giunta per le autorizzazioni del Senato non ha accolto la sua istanza non ritenendola ammissibile.

Chi sta per presentare la modifica alla legge, in queste ore, riflette anche sull’opportunità di inserire una norma transitoria, oggi mancante, che chiarisca una volta per tutte che le norme si applicano per il presente e per il passato, nel momento in cui c’è una candidatura oppure c’è una verifica sulle condizioni di possibile decadenza di un componente delle istituzioni”.