Il legittimo impedimento alla Consulta, le cinque ipotesi di soluzione

Pubblicato il 10 Gennaio 2011 - 20:38 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

Ad un anno dalla bocciatura del ‘lodo Alfano’, la legge 51 dell’aprile 2010 sul ‘legittimo impedimento’ è il nuovo ‘scudo’ che tiene lontano il premier Silvio Berlusconi dalle aule di tribunale e che rischia di essere abbattuto o indebolito nella sua forza dall’imminente decisione della Corte Costituzionale.

In un collegio in bilico tra fautori del rigetto dei tre ricorsi sollevati dalla magistratura di Milano e giudici favorevoli alla bocciatura ‘in toto’ della legge, si starebbe tentando la strada di una ”operazione chirurgica” così da rendere il ‘legittimo impedimento’ conforme a Costituzione dichiarandone la parziale bocciatura o fornendone una interpretazione ‘ad hoc’.

La conseguenza sarebbe il danneggiamento più o meno grave dello ‘scudo’ nato per rinviare di almeno sei mesi i processi a carico di premier e ministri perché impegnati in consiglio dei ministri, riunioni internazionali, conferenza Stato-regioni etc, e nelle ”relative attività preparatorie e consequenziali, nonché di ogni altra attività comunque coessenziale alle funzioni di governo”.

Il ventaglio di ipotesi su cui stanno ragionando i giudici della Corte Costituzionale è il seguente.

RIGETTO RICORSI PER INAMMISSIBILITA’. I tre ricorsi dei magistrati di Milano che contestano la violazione dell’art.138 della Carta (necessita’ di una legge costituzionale) e 3 (irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione) non sono discussi nel merito e dunque respinti. L’esame si ferma prima perché le questioni – secondo la tesi dei giudici costituzionali vicini al Pdl – sono state mal poste. Ipotesi, questa, data al momento per improbabile

RIGETTO PER INFONDATEZZA. I ricorsi sono esaminati nel merito e la Corte li respinge ritenendo lo ‘scudo’ legittimo. Ipotesi anche questa data per improbabile

RICORSI ACCOLTI, LEGGE BOCCIATA. Per la Corte il ‘legittimo impedimento’ non e’ una semplice integrazione di un istituto processuale già esistente (l’art. 420 ter codice procedura penale) ma una prerogativa collegata alle funzioni che richiede una copertura con legge costituzionale. Ma la Corte potrebbe anche bocciare in toto la legge per un irragionevole sbilanciamento tra le esigenze di giurisdizione e quelle della difesa. In questo caso il referendum abrogativo promosso dall’Idv non si terrà, seppure la stessa Corte si avvii alla sua ammissibilità per mercoledì 13.

COMPROMESSO SU ILLEGITTIMITA’ PARZIALE. La Corte fa cadere alcuni punti della legge. A rischio, per la sua indeterminatezza, l’estensione dell’impedimento alle attività ”preparatorie o conseguenti nonché di ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo” previste dal del comma 1 dell’art.1 della legge.

Per i giudici della Consulta in quota Pdl potrebbe essere il punto massimo oltre il quale non è bene spingersi oltre, pena lo ‘svuotamento’ della legge stessa. Ma la Corte potrebbe far cadere anche il comma 4, che prevede l’autocertificazione della presidenza del consiglio e l’automatico obbligo per il giudice di rinviare l’udienza non oltre sei mesi. Su limiti e poteri del giudice nel valutare l’impedimento si gioca la vera partita della mediazione. In caso di bocciatura parziale e di ammissibilità del referendum, sarebbe l’ufficio centrale della Cassazione a decidere se la consultazione si terrà o meno.

INTERPRETATIVA DI RIGETTO. I ricorsi vengono respinti a patto però che ci sia una verifica del giudice caso per caso. A seconda di come sara’ modulata la motivazione, per il premier potrebbe trattarsi di ‘vittoria di Pirro’, perché è vero che la legge resterebbe in piedi, ma in questo modo il referendum si terrebbe.