Telefonata per Lele Mora: “E’ il nipote di Tutankhamon”. Una fiction di buona memoria

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 22 Giugno 2011 - 14:33 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-Se, telefonando…cantava a suo tempo Mina. E se, telefonando-telefonando, qualcuno volesse occuparsi di Lele Mora, telefonando caso mai in Questura? E’ un gioco, una fiction quella che qui si ipotizza ma liberamente ispirata ad un’altra notte reale di telefonate…insomma personaggi, interpreti e circostanze sono inventati ma non è vero che la trama non faccia nessun riferimento alla realtà, anzi la fiction è una “fotocopia” scherzosa di una realtà vissuta. Dunque telefonata in Questura, o meglio a San Vittore, ma sempre Milano è. Chi telefona per informarsi del destino di Lele Mora “in stato di fermo” è anche più è sinceramente convinto che Lele sia il nipote di Tutankhamon. Glielo ha detto Lele in persona, durante una “festa elegante”. E il telefonatore gli ha creduto, come poteva fare altrimenti?

Risponde al telefono un funzionario di polizia, polizia carceraria. Chi ha chiamato sta spiegando al funzionario che vuol solo sapere quando Lele uscirà, nessuna pressione per carità. Però è bene sapere che c’è quella parentela. Il funzionario non ci crede neanche un po’ alla genealogia proto-egiziana, alla discendenza faraonica. Però, per non saper né leggere né scrivere…prende atto. Chi lo sta chiamando al telefono è persona che conta, vai a sapere… La telefonata informa il funzionario e poi il funzionario informa a sua volta i sottoposti che fuori dalle mura, sul marciapiede di San Vittore, sta arrivando per occuparsi del nipote di Tutankhamon un inviato esperto di cultura, di archeologia, di dipinti, di architettura, di arte antica. Insomma qualcuno che svolge la stessa funzione assegnata quella notte dell’anno scorso a Nicole Minetti, un competente inviato speciale della presidenza telefonante. Facciamo…facciamo Vittorio Sgarbi, il suo identikit e curriculum è perfetto: esperto, competente, di fiducia e a tutti gli effetti “speciale”. Se il nipote di Tutankhamon potrà riguadagnare la libertà, suggerisce il telefonatore, andrà affidato all’inviato speciale Sgarbi.

Un passo indietro, chi ha avvertito il telefonante? Per capirci, chi ha fatto quel che fece quella notte dell’anno scorso la brasiliana Conceicao? Quelli del casting della fiction “Lele, il nipote di Tutankhamon”, sanno che la parte va assegnata ad un amico di Lele, anzi più che ad un amico, va assegnata a qualcuno che abbia condiviso con Lele spezzoni ed esperienze di vita. Cerca e pensa ed ecco il candidato ideale: Fabrizio Corona è perfetto per la parte.

Adesso la fiction può andare in scena: c’è il telefonante per il nipote di Tutankhamon, c’è l’inviato a prenderlo in carico e in cura, c’è il motore primo della catena di telefonate. E c’è ovviamente il legittimo motivo, il supremo interesse e il vantaggio collettivo della catena di azioni e telefonate: curando la sorte del nipote di Tutankhamon si evita incidente diplomatico con il suscettibile “Regno delle Mummie”. Un giorno in seduta solenne trecento e passa spettatori qualificati della fisction, la maggioranza, giureranno con apposito voto in assemblea che nessuno poteva in quel momento avere il sospetto che l’amico Lele non fosse il nipote, sia pure alla lontana nel tempo, di tale e tanto zio. Ma, per lasciare un po’ di suspence alla fiction, il regista non svela il nome e il cognome del telefonatore. Nei titoli di coda c’è un  flash-back, si vede la sagoma del telefonatore che dice: “Lele Mora, ho aiutato un amico in difficoltà”. Qualcuno lo ha detto nella realtà, lo sceneggiatore si è preso una minima licenza poetica citando da dichiarazioni ufficiali.

P.S. Dell’idea di Lele Mora nipote di Tutankhamon siamo debitori a Geppi Cucciari che si è divertita e ha divertito con il paradosso nel suo G-day su La7. Qui si è solo allargato ed esteso il paradosso.