Luna di miele, spread, lavoro: i primi 100 giorni di Mario Monti

Pubblicato il 21 Febbraio 2012 - 00:10 OLTRE 6 MESI FA

ROMA, 20 FEB – Lo spread sceso di oltre duecento punti, i provvedimenti per rimettere i conti in ordine approvati con maggioranze bulgare, i riconoscimenti internazionali culminati negli elogi di Obama e nella copertina di Time sull'uomo che potrebbe ''salvare l'Europa'': il governo del professore in loden, il ''sobrio'' Monti arrivato come un marziano a tirare fuori l'Italia dai guai, giunge al traguardo dei primi cento giorni con molti successi all'attivo ma molte gatte ancora da pelare.

Oggi nessuno parla piu' di rischio default per l'Italia, ma il cammino che resta da compiere per uscire dalla recessione non sara' una passeggiata, come dimostra il nervosismo crescente sull'articolo 18.

Eppure Monti, stando ai sondaggi, puo' ancora contare sulla fiducia della maggioranza degli italiani, in calo di qualche punto rispetto al ''record'' del 62 per cento di dicembre ma pur sempre sopra quota 50. La ''luna di miele'', insomma, ancora dura: si vede che gli italiani si sentono rassicurati dal ''governo strano'' guidato dal bocconiano lontano dalle geometrie politiche. A metterla a rischio, oggi, c'e' pero' la grana della riforma del lavoro, sulla quale Monti non intende fare marcia indietro e che una larga fetta degli elettori di sinistra giudica indigesta.

Sono passati poco piu' di tre mesi dall'arrivo del governo dei professori, e sembrano un'era geologica. L'Italia era sotto il mirino della speculazione, il differenziale tra i titoli di stato italiani e i bund tedeschi era arrivato a 575 punti (oggi e' sceso a 350), e la maggioranza che sosteneva Berlusconi era ogni giorno piu' debole.

E' dal 16 novembre dell'anno scorso che Monti ha preso nelle sue mani il compito di riportare l'Italia in carreggiata. La sua scommessa, lo disse subito nel discorso con cui si presento' in Parlamento, era quella di approfittare della tregua siglata dal Pdl, dal Pd e dall'Udc, per fare le riforme che in tanti anni nessuno era mai riuscito a far approvare. I 556 voti su 617 ottenuti alla Camera il 18 novembre gliene davano la possibilita'. A tre mesi di distanza, quei numeri si sono assottigliati, vuoi per pigrizia (un governo che gode di una maggioranza cosi' ampia non ha bisogno della presenza di tutti i suoi sostenitori in aula) vuoi per mancanza di convinzione in qualche settore del Parlamento sulla validita' della ''cura Monti''.

Finora pero', il governo sta accompagnando in porto tutti i provvedimenti: dalla manovra ''salva Italia'' al piano carceri del ministro Severino.

L'emergenza economica e finanziaria, indubbiamente, ha aiutato il nuovo premier a far votare provvedimenti che in altri tempi avrebbero provocato una levata di scudi. Le prime settimane, in particolare, nessuno osava dire no: quando il 30 novembre la Camera fu chiamata a votare sull'inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, misura fortemente raccomandata (per non dire di piu') dall'Unione Europea, la legge fu approvata all'unanimita', con nemmeno un deputato contrario. Solo l'incubo di un'Italia che rischiava di precipitare nel girone infernale nel quale gia' si trovava la Grecia, e non le lacrime del ministro Fornero nella conferenza stampa in cui il governo illustrava i ''sacrifici'' della manovra, puo' aver convinto il Pd a dire si' a una riforma che ha cancellato le pensioni di anzianita' e spostato verso i 67-68 anni l'eta' in cui tra qualche i lavoratori dipendenti potranno ritirarsi.

Non tutto, pero', e' andato sempre per il verso giusto. Passata la prima fase di emergenza , e vedendo lo spread che cominciava a calare, i mal di pancia sono diventati piu' numerosi. L'Idv, da meta' dicembre, ha raggiunto la Lega all'opposizione, e Monti ha dovuto sperimentare quanto forti siano le pressioni delle lobby sul Parlamento quando si e' trattato di mettere mano al piano delle liberalizzazioni.

Questo non vuol dire pero' che il suo governo corra dei rischi. Berlusconi, dopo qualche punzecchiatura (arrivo' a dire che Monti era ''disperato'' e che non sarebbe durato a lungo), si e' convinto a dargli un sostegno pieno e convinto. E' di qualche settimana fa l'affermazione del Cavaliere che far cadere Monti sarebbe da ''irresponsabili'': una linea che non e' stata scalfita nemmeno dal no del Professore alla candidatura di Roma per le olimpiadi del 2020 e nemmeno dai continui blitz che da Cortina a Sanremo hanno spettacolarizzato la lotta all'evasione in un modo che non piace al Pdl.

Ma i problemi maggiori, in questa fase, Monti sembra averli a sinistra. La sua frase sulla ''monotonia'' del posto fisso aveva gia' messo di malumore mezzo pd e i sindacati; la volonta' di andare avanti sulla riforma del lavoro e sulla revisione dell'articolo 18 anche senza l'accordo con le parti sociali ha messo il carico da undici su una partita sempre piu' complessa e che sta spaccando i democratici. Un partito il cui appoggio, e' bene ricordarlo, Monti non puo' permettersi il lusso di perdere per strada.