M5S: i 17 eurodeputati potranno tenersi lo stipendio (17-19 mila euro lordi)

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Settembre 2014 - 19:35 OLTRE 6 MESI FA
M5S: i 17 eurodeputati potranno tenersi lo stipendio (17-19 mila euro lordi)

L’articolo di Annalisa Cuzzocrea su Repubblica

ROMA – A Roma no, a Bruxelles sì: i 17 eurodeputati del Movimento 5 Stelle potranno tenersi lo stipendio, secondo quanto scrive Annalisa Cuzzocrea su Repubblica in un articolo dal titolo “Niente scontrini né diarie i Cinque stelle a Bruxelles si tengono lo stipendio – E in Emilia è caos per la norma contro gli indagati, Pizzarotti e Giulia Sarti vanno all’attacco di Grillo”. Si tratta di una cifra fra i 17 mila e i 19 mila euro lordi al mese, oltre al fondo per assumere sei collaboratori che è gestito direttamente dall’Europarlamento.

Soldi che gli eurodeputati M5S potranno tenersi a patto di affidare la comunicazione al gruppo di lavoro di Claudio Messora, pagarne gli stipendi attraverso il fondo per i collaboratori, devolvere 1.000 euro (sempre al gruppo di Messora). Ma qualcosa non è andato per il verso giusto

Volevano evitare la guerra degli scontrini almeno in Europa, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Dopo le liti sulla diaria da restituire – «abbiamo un problema di cresta», aveva confessato il fondatore sul blog – per Bruxelles e Strasburgo si era deciso di fare diversamente. I 17 parlamentari europei del Movimento – a differenza di deputati e senatori grillini – possono tenersi i loro stipendi. Guadagnano 8000 euro lordi al mese, più 304 al giorno di diaria (corrisposti quando sono nelle sedi europee), e 4299 per le spese generali (telefono, computer, attività degli uffici). Oltre, ovviamente, ai rimborsi per le spese di viaggio. Il totale oscilla tra i 17mila e i 19mila euro lordi al mese. Cui si aggiungono i 21.200 del fondo che serve loro ad assumere 6 collaboratori, 3 italiani e 3 a Bruxelles, gestito direttamente dal Parlamento europeo.

E però, il regolamento che hanno firmato per potersi candidare qualche richiesta la faceva: affidare la comunicazione a un gruppo di lavoro scelto dalla Casaleggio Associati (quello guidato da Claudio Messora), pagarne gli stipendi attraverso il fondo per i collaboratori (ognuno dei 17 europarlamentari ha assunto due persone). Infine, devolvere 1.000 euro per il funzionamento di quel gruppo. È qui che il meccanismo si è inceppato. Finora quei soldi non sono arrivati, con grande irritazione degli uomini di Casaleggio inviati a Bruxelles. I parlamentari si sono insediati il primo luglio, i collaboratori sono stati assunti, ma del fondo da creare per la comunicazione neanche l’ombra. Anzi.

«Il 12 agosto gli eurodeputati sono andati a chiedere la testa di Messora», racconta chi ha parlato con lo staff. Ignazio Corrao, trentenne di Palermo, capogruppo dei 5 stelle nella delegazione che condividono con l’Ukip di Nigel Farage, la spiega diversamente: «Le nostre indennità sono più basse di quelle italiane, e calcolate in modo diverso. Dobbiamo solo trovare un modo di donare questi soldi senza che qualche strano organismo tra 5 anni venga a chiederci la restituzione di migliaia di euro. Non è facile, abbiamo consultato degli avvo…dei funzionari che stanno studiando la questione». Assicura, Corrao, che lo stesso staff della Casaleggio sta cercando una soluzione. Non conferma la diversità di vedute sul gruppo di comunicazione, anche se dice: «Io sono uno stakanovista, lavoro 16 ore al giorno, ognuno di noi ha una visione diversa di come deve funzionare una struttura, ma rispetteremo l’impegno, evitando di far sorgere problemi». Alla riunione del 12 agosto c’era anche lui: «Si è parlato solo della linea operativa per i prossimi mesi, su cosa spingere di più comunicativamente. Nient’altro».

I militanti vicini a Messora non la pensano così: la voce è che gli europei vogliano far da sé, che considerino perdente la linea comunicativa a 5 stelle.

Se in Europa non ci si intende, in Italia si litiga per la norma anti indagati che blocca alcune candidature importanti alle prossime regionali:

“è vista come un tentativo di far fuori il capogruppo in Emilia Romagna, Andrea De Franceschi (finito come gli altri responsabili dei gruppi nell’inchiesta Spese pazze, e appoggiato dal sindaco di Parma Federico Pizzarotti). Mezzo partito in regione, e parecchi deputati e senatori, sono pronti a dar battaglia. Giulia Sarti chiede che su una regola del genere si decida tutti insieme («Anche io e Di Maio siamo stati querelati, non potremo ricandidarci?»). E chiede che sulle votazioni del blog – chiamato ora ad eleggere i candidati in regione – vigili sempre un organismo terzo”.