Mafia-Stato. Brusca: “Riina trattava con Mancino. Poi Cosa Nostra puntò su Berlusconi”

Giovanni Brusca nella trattativa tra mafia e Stato tira in ballo anche l’ex ministro dell’Interno e attuale vicepresidente del Csm,  Nicola Mancino. Durante gli interrogatori con il pm Gabriele Chelazzi, il super pentito di Cosa Nostra parla di contatti tra Totò Riina e Mancino.

«Nel Natale del 1992 Totò Riina annunciò in una riunione con i boss più fidati che per quanto riguardava la trattativa, lo Stato si era fatto avanti: “Ho avuto un messaggio – disse il boss – Viene da Mancino”».

Nei verbali Brusca riferisce quanto detto dal Capo e quella sarebbe stata l’unica volta in cui Riina pronunciò il nome dell’ex ministro:  «Finalmente si sono fatti sotto. Ci ho fatto un papello così…». A fare da tramite con la mafia sarebbe stato Ciancimino.

Dure le parole di replica di Mancino: «Non rispondo a criminali che stanno scontando l’ergastolo. Rilevo un dato cronologico: se Riina nel Natale del 1992 parlava con i suoi complici di un “messaggio”, quel messaggio fu, 3 settimane dopo, il suo arresto da me più volte, nei mesi precedenti, pubblicamente sollecitato alle forze dell’ordine».

Secondo la ricostruzione del settimanale “L’Espresso” nel 1994, quando Silvio Berlusconi scese in politica, la mafia tornò a farsi sentire per fare sapere a Forza Italia che voleva continuare la trattativa.

«Parlando con Leoluca Bagarella quando cercavamo di mandare segnali a Silvio Berlusconi che si accingeva a diventare presidente del Consiglio nel ’94, gli mandammo a dire: “Guardi che la sinistra o i servizi segreti sanno, non so se rendo l’idea. Cioè sanno quanto era successo già nel 1992-93, le stragi di Borsellino e Falcone, il proiettile d’artiglieria fatto trovare al Giardino di Boboli a Firenze e gli attentati del ’93”. Il motivo per cui la scelta è ricaduta su Forza Italia è semplice: dentro c’erano pezzi della vecchia Democrazia Cristiana e del partito Socialista. Erano tutti pezzi politici un pò conservatori, cioè sempre contro la sinistra. Quindi volevamo dare un’arma ai nuovi presunti alleati politici, per poi noi trarne un vantaggio, un beneficio», ha raccontato Brusca al magistrato fiorentino.

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