Manovra: l’Ente teatrale assorbito dal Mibac, dipendenti in rivolta

Pubblicato il 1 Giugno 2010 - 19:19 OLTRE 6 MESI FA

Sandro Bondi

Pronti a occupare i teatri, ad organizzare sit in davanti a Montecitorio e a scendere in piazza, il 7 giugno a Roma insieme con i sindacati e tutti i lavoratori dello spettacolo. Il giorno dopo il sì di Napolitano alla manovra economica, sedate per un po’ le preoccupazioni degli enti di cultura salvati dai super tagli, sono i lavoratori dell’Eti, lo storico Ente teatrale italiano lasciato nella lista degli enti inutili, a salire sulle barricate.

Guidati dalla dirigenza, il presidente Ferrazza e il direttore Cutaia, che chiede l’aiuto di politici ed istituzioni per ottenere che la salvezza arrivi dal Parlamento sotto forma di emendamento. Tra gli oltre 170 lavoratori dell’Ente – fondato nel 1942 in piena guerra mondiale, riformato l’ultima volta dopo il commissariamento nei primi anni duemila – regna lo sconcerto. Da venerdì, il giorno in cui hanno saputo che c’era il rischio di essere cancellati, sono in mobilitazione permanente. Nella sede di Roma ma anche nei tre teatri gestiti dall’ente, il Valle di Roma, la Pergola di Firenze e il Duse di Bologna (quest’ultimo non di proprietà).

L’Eti deve essere salvato dalla soppressione, ripete un comunicato firmato da tutte le sigle sindacali alla fine dell’assemblea di oggi. Giovedì ci sarà l’incontro con i sindacati nazionali, per capire il da farsi e intanto si pensa alle forme della protesta, dall’occupazione di tutti e tre i teatri con il coinvolgimento di artisti alle manifestazioni di piazza. I loro posti di lavoro, assicurano fonti del ministero, non sono a rischio.

L’accorpamento dell’ente indicato dalla manovra prevede che i lavoratori vengano assorbiti dal ministero competente, quello dei beni culturali (dovrebbe essere gestito dalla direzione generale per lo spettacolo dal vivo) mantenendo ognuno la propria tipologia di contratto. Assicurazione fondamentale, ammettono, ma che non basta. Perché con l’accorpamento al Mibac, denuncia all’ANSA il direttore generale Ninni Cutaia, si perde l’autonomia gestionale e si vedrà disperdere un prezioso patrimonio di competenze.

L’Eti rivendica il suo direttore, è un “istituto in ottima salute”, uscito bene da una “profonda ristrutturazione”, e che ora vanta una progettazione internazionale e attività in tutta Europa. “Quest’anno siamo presenti con nostri progetti nelle maggiori capitali, a Parigi, Berlino, Mosca, Copenaghen, Madrid, Barcellona”, racconta. Poi ci sono i progetti per i giovani talenti del teatro, quelli di promozione per la danza, le attività dei tre teatri collegati all’ente. Un successo anche economico, sottolinea Cutaia: “Riusciamo ad attrarre finanziamenti e investimenti da parte di Regioni e altri soggetti intorno ai nostri progetti. La conseguenza della soppressione sarebbe un impoverimento”.

Il presidente Giuseppe Ferrazza (che proprio oggi ha finito il suo lavoro di commissario al Carlo Felice di Genova, ndr) è sulla stessa linea. Nel pomeriggio è stato al ministero, per un incontro che si è risolto però, spiega, “in modo interlocutorio”. L’umore è nero : “Ci umilia vederci accomunati ad enti veramente inutili”, spiega. La battaglia è appena cominciata. Il primo passo sarà una lettera da mandare a tutti giovedì per spiegare la situazione. Sul web intanto è on line un appello che ha già raccolto moltissime firme. Dalla loro parte si schiera il Pd, con Vincenzo Vita, ma anche il presidente dell’Agis Francesconi, anche la Uil dei beni culturali, che propone di salvare l’Eti e cancellare Arcus ed Ales le due spa del ministero. Solidarietà anche da Facebook con oltre 2500 adesioni. Per Bondi una nuova gatta da pelare.