“Mario Monti e il bluff dei controlli sulle candidature”. Feltri sul Fatto Quotidiano

Pubblicato il 13 Gennaio 2013 - 20:33 OLTRE 6 MESI FA
Mario Monti (LaPresse)

ROMA – Enrico Bondi, l’inflessibile manager dei conti della Parmalat e della spending review, è stato chiamato da Monti a svolgere il ruolo di super visore della “pulizia” delle candidature della coalizione “Monti per l’Italia”. La scelta del professore ha creato diversi malumori fra gli alleati. Stefano Feltri,con un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano domenica 13 gennaio, parla apertamente di bluff. Secondo il giornalista infatti, i “formulari su patrimonio e conflitti di interessi vanno consegnati entro il 15 marzo, quindi un mese dopo le elezioni”. Scrive Feltri:

 “Il giudizio di Enrico Bondi sarà severissimo, l’inflessibile manager vaglierà una dopo l’altra le dichiarazioni patrimoniali e reddituali degli aspiranti candidati, per vedere se sono degni di far parte della lista Monti. E potrà farlo con calma, senza ansie. Perché le elezioni si saranno già consumate: la scadenza per consegnare la documentazione è il 15 marzo 2013. Un mese dopo il voto. I ‘Criteri di candidabilità delle liste della coalizione con Monti per l’Italia’, scaricabili dal sito agenda-monti.it, sono severissimi. Ma inutili, se non come forma di dissuasione. ‘Ma davvero è il 15 marzo? Ma così non serve a niente, la consegnerà solo chi non ha niente da nascondere. E gli altri non lo faranno, tanto saranno già eletti’, dice un candidato che ancora non ha studiato il documento. Forse c’è una spiegazione: il formulario da compilare è quello previsto dalla legge 20 del 2004, la ‘legge Frattini’, cioè la disciplina sul conflitto di interessi elaborata dal governo Berlusconi, abbastanza blanda da non aver mai creato problemi neppure al Cavaliere che, in quanto a conflitti di interesse, è difficilmente superabile”.

Ancora Feltri sul Fatto:

“Monti ha voluto anche un altro vincolo: chi siede nelle commissioni Bilancio, Finanze, Giustizia, Trasporti, Telecomunicazioni, Attività produttive dovrà vendere o mettere in un fondo gestito da altri (blind trust) le quote detenute “direttamente o indirettamente nonché tramite fiduciarie in società che hanno concessioni con lo Stato o licenze radiotelevisive o controllano testate editoriali. Apprezzabile, ma si noti anche qua la tempistica: prima l’eletto viene messo nella commissione parlamentare che si occupa della materia in cui ha interessi e, solo a quel punto, è chiamato a liberarsi delle quote societarie. E se decide di non farlo? Non c’è ovviamente alcuna possibilità di costringerlo, al massimo il parlamentare in conflitto di interessi verrà espulso dal gruppo parlamentare e dovrà aggregarsi a qualche altra forza o trascorrere comodamente la legislatura nel Gruppo misto”.

Il giornalista spiega che la dissuasione, fino ad ora non è avvenuta:

“Facendo un po’ di telefonate, si scopre che il temuto controllo di Bondi ha avuto soprattutto una funzione di dissuasione: non risulta che nessuno si sia sottoposto a colloqui, interrogatori o screening patrimoniali. Ma i vari leader hanno pensato bene di sacrificare i nomi più scivolosi, come quello Udc di Enzo Carra, che ha una condanna definitiva per false dichiarazioni al pm risalente ai tempi di Mani Pulite. Dal lato finiano di Futuro e libertà Paolo Ciani, coordinatore del partito in Friuli Venezia Giulia, ha dovuto rinunciare ieri alla candidatura alla Camera perché tutta la dirigenza locale si era dimessa per protesta vedendo il suo nome in lista. Ciani è indagato per truffa e peculato in un’inchiesta sulla bonifica della laguna di Grando e Marano”.

Chi rimane fuori e chi dentro dalle liste montiane? E a che punto sono con la raccolta firme? Ancora Feltri:

“La lista della montiana Scelta Civica alla Camera è sul sito web da venerdì sera, quella per il Senato (che include anche i politici di Udc e Fli più qualche Pdl sfuso) era definita già ieri, dopo un vertice tra Monti e i leader(….) Alla Camera non ci sono state sorprese, a parte vedere in Lombardia, in una posizione sicura, Gregorio Gitti, subito dopo Alberto Bombassei. Avvocato bresciano, docente di Diritto privato alla Statale, genero del banchiere Giovanni Bazoli (il gran capo di Intesa Sanpaolo), storico prodiano e poi considerato di area Pd, da tempo pronto per la politica, alla fine entrerà in Parlamento con Monti. E dovrà sfidare, sempre in Lombardia, un altro Bazoli, Alfredo, cugino della moglie, in lista con il Pd. Di Mario Adinofi, un altro ex-Pd, si erano perse le tracce dopo il suo improvviso passaggio ai montiani, ieri ha informato via Twitter ha comunicato: ‘Alle prossime elezioni non sarò presente come candidato. Ringrazio chi si è battuto per la mia presenza in lista con Monti, ma è giusto così’. Da un lato Udc e Fli, dall’altro Italia Futura e Monti in prima persona hanno imposto i loro nomi e tanti parlamentari uscenti, Pd e Pdl, che avevano scommesso sul Professore sono rimasti senza seggio. Perdere chi aveva legami con il territorio (tipo Alfredo Mantovano in Puglia, escluso un po’ a sorpresa dal Senato) può causare qualche problema ora che si devono raccogliere le firme a sostegno delle liste. Per Scelta Civica ne servono 30 mila. Italia Futura, l’associazione ispirata da Luca Cordero di Montezemolo, nelle scorse settimane ha raccolto la disponibilità di 15 mila persone per firmare. Adesso i coordinatori locali hanno i nomi e le mail e devono cominciare a contattarli, ci sono già 300 autenticatori pronti (notai e consiglieri comunali). L’impresa è complessa, ma i montiani sono ottimisti: a Roma, per esempio, servono 1000 firme e soltanto ieri mattina ne sono state raccolte 300″.