Monti: “Ho contribuito alla recessione”. E chi non se ne accorge è “stolto”

di Warsamè Dini Casali
Pubblicato il 12 Settembre 2012 - 10:32 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – «Quando leggo titoli che dicono “Monti ha contribuito alla recessione” io rispondo: Certo. Solo uno stolto può pensare di incidere su elementi strutturali che pesano da decenni senza provocare, almeno nel breve periodo, un rallentamento dovuto al calo della domanda». Forse non è necessario spingersi fino all’ammissione di colpa grave come fanno Libero (“Reo confesso”) o Il Giornale (“Monti si costituisce”), ma appare poco comprensibile (oppure fin troppo) che la dichiarazione sia sfuggita, in pratica oscurata sui siti dei grandi giornali nazionali, ad eccezione del Sole 24 Ore. Sul cartaceo il giorno dopo (oggi 12 settembre) è oscurato dal grande lancio della sfida-produttività. Solo per Il Corriere della Sera la frase vale un titolo, La Stampa giusto un occhiello sopra l’impegnativa dichiarazione “Muoviamoci noi prima che ce lo chieda l’Europa”, il Fatto gli dà spazio a pagina 8, la Repubblica praticamente la nasconde in fondo all’articolo dedicato all’appello montiano all’unità imprese-sindacati.

Stupisce negativamente, invece, che il professore abbandoni il galateo accademico per liquidare i tanti preoccupati delle conseguenze di una recessione più grave del previsto grazie a un supplemento di pena autoinflitta. Un infallibile criterio di giudizio, una buona profilassi critica dovrebbe sempre procedere dalla domanda: “E se l’avesse detto Berlusconi?”.

Il manovratore non vuole essere disturbato. “Hey, l’autobus sta finendo nella scarpata!” grida l’ingenuo che ha perso il lavoro o non arriva a fine mese. “Taci stolto, è tutto calcolato”, lo redarguisce il prof. Dialogo surreale perché gli stolti continuano a pensare che quel calo della domanda era tutt’altro che inevitabile, che la fine era nota, che il passo indietro per farne tre in avanti ha depresso il Pil più di quanto il manovratore si aspettasse. O anche pubblicizzare, solo qualche mese fa, stime di crescita del tutto inattendibili al +1% per ritrovarsi la realtà di un un -3% a fine anno era tutto calcolato?

Non è detto che non sia andata proprio così, azzarda ma nemmeno troppo l’economista Gustavo Piga: un ciclo economico tanto mortificante avrebbe costretto l’Europa a infliggerci sacrifici ulteriori. Rispetto all’anno scorso la ricchezza nazionale è diminuita del 2,6%, con le conseguenze che si vedono su occupazione e reddito. Per effetto delle tre manovre da qui al 2014 un’ottantina di miliardi esce dal ciclo economico per essere destinato alla riduzione del debito. Ma è lo stesso Monti a riconoscere che qualche investimento in più e un po’ di tasse in meno avrebbero fatto crescere il Pil e le entrate fiscali, implicitamente ammettendo che anche il rapporto debito/Pil sarebbe stato più positivo. E forse lo spread avrebbe fatto meno paura.

E’ una discussione ampia e necessariamente articolata. Il Governo ha fatto le sue scelte, per esempio decidendo di non utilizzare le maggiore entrate fiscali a suon di aumenti in direzione di una politica di investimenti. Il governo crede che aggredire il debito sia meglio che aggredire il Pil. Legittimo. Ma l’opzione contraria, inevitabilmente condizionata dalla congiuntura, è sostenuta a destra come a sinistra, nell’Europa statalista come nell’America liberista. “L’asimmetria dei moltiplicatori farebbe sì che un programma di stimolo aiuti di più durante la recessione, mentre il programma di aggiustamento durante la ripresa crei meno problemi”. Non la pensa così Monti: parafrasando altri Padreterni, “crescerai con dolore”.