Maroni scrive all’opposizione ma parla ai leghisti: “Basta bunga bunga”

Pubblicato il 23 Gennaio 2011 - 16:04 OLTRE 6 MESI FA

Roberto Maroni

Stacchiamoci tutti, maggioranza e opposizione, dal buco della serratura e torniamo ai problemi veri del Paese. Roberto Maroni è la voce della Lega che, con una lettera al Corriere della Sera, invoca una svolta, un cambio dopo quella che definisce “l’abbuffata di culi e tette” del caso Ruby.

Un appello a chi? All’opposizione, certo, che grazie alle cronache di Arcore ha avuto ampio materiale per rispolverare l’anti berlusconismo: alla stessa opposizione che chiede le dimissioni del premier e si scandalizza quando lui risponde picche. Ma non solo, perché tempi e luoghi scelti dal ministro per parlare non sono ovviamente un caso: Maroni scrive una lettera al quotidiano milanese della borghesia, il suo è un appello rivolto alla base: ai leghisti e alla destra sempre più fiaccati dai bunga bunga e dalle escort. Gente “concreta”, stufa di vedere il Parlamento in panne per i problemi giudiziari e personali del premier, gente a cui la Lega deve rendere conto, come maggior alleato del Pdl.

La Lega non ci sta ad essere accostata al bunga bunga, nemmeno a essere considerata compiacente o accondiscendente con queste abitudini. L’appello di Maroni è un richiamo alle origini. “Appartengo ad un partito (la Lega Nord)  nato sulle ceneri della prima repubblica e delle sue astruse «convergenze parallele», un partito alimentato dalla ruvida concretezza delle genti che vivono di lavoro duro, a letto presto la sera e sveglia presto al mattino”.

Pochi fronzoli e duro lavoro, quindi: “Un partito in cui ripongono speranze e preoccupazioni milioni di persone, famiglie, giovani, imprenditori e professionisti che la crisi economica morde ai polpacci. Sosteniamo lealmente la maggioranza di cui facciamo parte ma dopo l’abbuffata di culi e tette nel caso Ruby vogliamo tornare alle cose che interessano i cittadini: chiediamo a tutti (maggioranza e opposizione) di deporre le armi della sfida quotidiana su teoremi, complotti e persecuzioni e di tornare ad occuparci a tempo pieno di quello per cui siamo stati eletti, affrontare i problemi e risolverli”.

Ma prima ancora Maroni si toglie due sassolini. Il primo: le vicende di Arcore, dice, sono penalmente irrilevanti. Però, e questo Maroni lo sa, coinvolgono anche l’etica della politica, ciò che fa un premier in privato è pur sempre di interesse pubblico e sposta consensi. E su questo il ministro propone la lettura cara al centrodestra: “ciò che il Presidente del Consiglio fa a casa sua la sera è affar suo”, ma con un importante e sostanziale distinguo: “(il suo stile di vita è diverso dal mio, certo, ma è, appunto, affar suo)”. La frase è tra parentesi ma è pur sempre una presa di distanza.

Il secondo: Maroni non accetta critiche alla polizia, che sono arrivate dall’opposizione, ma anche da Berlusconi. Le forze dell’ordine non hanno digerito i tagli al loro settore da parte del governo e le parole del premier sul loro operato durante le perquisizioni alle ragazze sono state l’ultima goccia. Maroni scrive anche per rassicurare loro: “Ho difeso questo operato in tutte le sedi, a cominciare dal Parlamento, dalle opposte accuse di «eccesso di tolleranza» verso Ruby la notte del fermo e di «eccesso di brutalità» nelle recenti perquisizioni nei confronti delle amiche di Ruby”.

La lettera si conclude guardando al futuro, alle sfide del 2011 e riproponendo il richiamo all’ambiziosa “rivoluzione leghista”. Dopo la lettera sono state poche le reazioni dal centrodestra. Maurizio Lupi e il ministro Rotondi hanno genericamente lodato la “saggezza” delle parole di Maroni e si sono accodati al richiamo “avanti con le riforme”.

Il Pd rispedisce le accuse al mittente: “Se l’Italia è ingovernata è colpa vostra”, dice il il coordinatore della segreteria nazionale del Partito Democratico, Maurizio Migliavacca. “E’ evidente l’imbarazzo dei leghisti, ma l’unica soluzione credibile che Bossi e i suoi hanno ora davanti e’ ammettere il fallimento dell’esperienza berlusconiana e lasciare al proprio destino l’attuale governo”.