Fenomeno Renzi: sottovalutato come lo furono Berlusconi, Bossi, Grillo…

Pubblicato il 28 Settembre 2012 - 08:00 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Renzi (LaPresse)

ROMA – Sta succedendo con Matteo Renzi quello che successe con Silvio Berlusconi nel 1994, che era successo ancora prima e ricapitò dopo con Umberto Bossi, poi ancora negli ultimi anni con Beppe Grillo: un personaggio sottovalutato, spesso deriso, che si presenta come outsider, fuori dai giochi, nuovo. Più è snobbato dai big, dall’establishment, più persone dicono: “Adesso lo voto”. Spariglia tutto e vince. Vince perché il ragionamento diffuso è “tutto, purché si cambi”. Perché i vertici del Pd sono visti non a torto come corresponsabili dei guai della seconda Repubblica così come 20 anni fa i vertici del Pds furono percepiti come troppo familiari con il sistema che aveva governato la prima Repubblica. Ma non solo per questo.

Un sondaggio riservato mette un certo nervosismo dalle parti di Pier Luigi Bersani, candidato favorito alle primarie di coalizione, non fosse altro per il fatto di essere segretario del Pd: Renzi piace al 70% degli elettori del centrosinistra. Non è il primo sondaggio che premia il sindaco di Firenze. La Ispo di Renato Mannheimer il 15 settembre dava Renzi al 30%. Qualche giorno prima l’Istituto Piepoli lo aveva dato primo a sorpresa con il 35% contro il 27% di Bersani. Scrive Maria Teresa Meli sul Corriere: “Secondo un’altra rilevazione altrettanto riservata, da quando ha avviato la sua campagna elettorale per le primarie, il primo cittadino del capoluogo toscano è salito nei consensi di 29 punti in percentuale”.

Eppure il suo cammino non è stato proprio su un tappeto rosso. Ha incassato la stroncatura di Eugenio Scalfari, che già un anno fa lo definiva “personaggio irrilevante se non addirittura dannoso”, paragonandolo a Bettino Craxi. Negli ultimi giorni è ritornato su di lui, così: “Se diventasse premier dovrebbe confrontarsi con gente come Merkel e Draghi. Francamente non ce lo vedo”. Sulla stessa lunghezza d’onda di Scalfari l’editore di Repubblica e tessera numero uno del Pd, Carlo De Benedetti: “Renzi? Su quel fronte abbiamo già dato, con Berlusconi. Per cui non mi sembra il caso di riproporci un Berlusconi di sinistra. Di sinistra si fa per dire”. Il nome di Renzi abita molte dichiarazioni al vetriolo di Massimo D’Alema: “Alle primarie prenderebbe voti del Pdl contro il Pd”; “Non è in grado di guidare il Paese”; “Fa parte della nomenklatura sin da piccolo”.

Sull’altro fronte si sprecano invece i consensi, che contribuiscono a renderlo più indigesto agli elettori più “di sinistra”. Ha incassato i complimenti di Nunzia De Girolamo e di Iva Zanicchi: “Le donne del Pdl sono tutte innamorate di Matteo Renzi”. Anche per Lele Mora Renzi “è sexissimo, può piacere a tutte le donne d’Italia”. Non poteva mancare Daniela Santanché: “Se vince vado da lui, gli stringo la mano, lo bacio e gli dico with my compliments“. Una lista di apprezzamenti trasversali inaugurata da Berlusconi, che negli ultimi giorni ha detto che “Renzi ha le nostre stesse idee”. Berlusconi che nel 2010 lo volle ricevere ad Arcore e gli fece quello che per l’ex premier è il più grande complimento: “Tu mi somigli”.

Ha dimostrato il giusto mix di faccia tosta e stomaco di ferro, digerendo alcuni passi falsi come quello “sto con Marchionne senza se e senza ma” consegnato ai taccuini dei giornalisti un anno fa, che 12 mesi più tardi, nel momento in cui Marchionne ha toccato il fondo della impopolarità, gli si è ritorto contro come un boomerang.

Più di recente, durante la sua campagna per le primarie (“scendo in camper”, gli hanno fatto il verso, ironizzando sul mezzo prescelto per la “tournée”) lo hanno ripreso perché il suo comitato riempiva Roma di manifesti abusivi. Lui non ha fatto una piega: “Clamoroso autogol, abbiamo sbagliato. Grazie per averlo evidenziato”.

Un po’ più di imbarazzo quando, nei giorni dei bagordi alla Regione Lazio, è uscita la notizia che la provincia di Firenze aveva rimborsato a Renzi spese non proprio istituzionali: cene da duemila euro a Brunello e fiorentina, pranzi da mille euro, soggiorni in albergo negli Usa da quasi tremila a botta.

Ma questo non ha fermato la frana di pezzi di Pd, di centrosinistra e universo accademico-spettacolar-imprenditoriale contiguo, che rotolano inesorabilmente verso Renzi, professando per il sindaco di Firenze dalla totale adesione alla simpatia. Facciamo una lista di nomi, chiaramente incompleta: Jovanotti, Fausto Brizzi, Alessandro Baricco, Riccardo Luna, Edoardo Nesi, Giorgio Gori, Martina Mondadori, Antonio Polito, Luca Ricolfi, Luigi Zingales, Michele Salvati, Ivan Scalfarotto, Paolo Gentiloni, Ermete Realacci, Roberto Giachetti, Roberto Della Seta, Andrea Sarubbi, Francesco Ferrante, Alessandro Maran, Stefano Ceccanti, Enrico Morando, Pietro Ichino, Giorgio Tonini, Salvatore Vassallo, Domenico Petrolo, Mario Adinolfi, Lino Paganelli, Graziano Delrio, Arturo Parisi.

Perché Renzi attrae tanto? Perché il primo anti-comunista è lui, quindi non pone problemi riguardanti il Muro di Berlino, l’eredità del vecchio Pci (semmai la vecchia Dc…), la possibilità che Berlusconi rifaccia contro lui l’ennesima campagna agitando lo spauracchio sovietico. E’ anche il primo candidato post-ulivista: lui l’alleanza con Nichi Vendola e tutto quello che c’è a sinistra di Vendola non la farebbe, mentre Bersani vuole riproporre per la quinta elezione politica consecutiva un centrosinistra che tenga insieme Vaticano e mangiapreti, neoliberisti e statalisti, “bianchi” e “rossi”.

Giuliano Ferrara lo ha esaltato, interpretando anche la chiave del suo successo, che a molti pare tuttora inspiegabile: “Nella sua eruttività la dimostrazione geologica del fatto che questi vent’anni dalla fine del muro di Berlino non sono passati inutilmente”.